Il ricorso al credito da parte delle aziende italiane passa in gran parte per gli istituti bancari, storicamente più vicini al tessuto produttivo rispetto ad altre realtà, in particolare anglosassoni.

Tale rapporto di interconnessione ha iniziato a subire un'incrinatura con il periodo di decrescita iniziato nel biennio 2007-2008, data dal forte aumento dello stock di sofferenze lorde bancarie. Secondo i numeri forniti dalla Banca d'Italia, le sofferenze bancarie alla fine del 2014 hanno raggiunto il valore assoluto di 183,7 miliardi di euro, aumentando più del 400% rispetto ai 43 miliardi di fine 2008. In particolare, la crisi ha colpito con più forza l'economica reale italiana, poichè sono le società non finanziarie ad aver incrementato più della media il livello di sofferenze bancarie, raggiungendo i 130,8 miliardi di euro, che rappresentano il 16,2% del totale dei crediti concessi (contro il 9,6% del totale delle imprese).

E' utile a questo punto osservare i dati forniti in base a tre differenti profili: l'area geografica, il settore e la dimensione aziendale; per quest'ultimo profilo si fa riferimento al "Progetto ABI-CERVED per la stima del tassi di decadimento per dimensione di impresa" (Vedi Bibliografia). Come si può facilmente immaginare, gli andamenti territoriali relativi al "tasso di ingresso in sofferenza bancaria" presentano connotati eterogenei tra Nord, Centro e Sud. Più esattamente, già nel 2007 i tassi di ingresso in sofferenza delle società non finanziarie erano dissimili (1,4% nel Nord Ovest; 1,2% nel Nord Est; 1,7% al Centro; 2,3% nel Mezzogiono e nelle isole) e tale differenza si è ulteriormente accentuata nei difficili anni della crisi; basti guardare i risultati del 2013 in base ai quali il Nord Ovest presentava un tasso di ingresso in sofferenza pari al 3,1%, il Nord Est al 2,8%, il Centro al 4% ed il Sud al 4,8%. Dalle analisi, inoltre, il suddetto differenziale è aumentato anche nel 2014.
 
Dal punto di vista dei settori di attività, il tasso di ingresso in sofferenza ha presentato nel 2013 un forte ampliamento dei divari settoriali rispetto ai livelli del 2007. A titolo di esempio, l'industria è passata dall'1,8% al 3,5%, con un incremento del 94,5%, mentre il settore delle costruzioni è passato dall'1,6% al 5,0%, con un incremento del 212,5%. A conti fatti quindi, mentre nel 2007 i tassi di ingresso in sofferenza dell'industria e delle costruzioni erano distanti di soli due decimi di punto percentuale (1,8% contro 1,6%), nel 2013 il distacco era di 3,4 punti percentuale a "favore" dell'edilizia.
Anche i settori dei servizi e dell'agricoltura hanno registrato un aumento delle sofferenze, attestandosi nel 2013 rispettivamente al 3,2 e al 2,3% del tasso di ingresso in sofferenza, rispetto all'1,5% del 2007 di entrambe i settori.
Le previsioni per il 2014, infine, non sono rassicuranti, stimando un aumento generalizzato del richiamato tasso di ingresso.
 
Particolarmente importante la ricostruzione delle serie storiche per classe dimensionale operata da ABI-CERVED. Da questa rielaborazione, infatti, si evince una maggiore rischiosità associata a dimensioni minori di impresa (seppur con l'importante eccezione del settore delle costruzioni): nel 2013 il tasso di ingresso in sofferenza è stato valutato al 3,8% per le microimprese (Occupati < 10 e Fatturato < 2mil €/Attivo < 2mil €), al 3,1% per le piccole società (Occupati < 50 e Fatturato < 10mil €/Attivo < 10mil €), al 2,6% per le medie aziende (Occupati < 250 e Fatturato < 50mil €/Attivo < 43mil €) e all'1,9% per le società di dimensione maggiore (Occupati > 250 e Fatturato > 50mil €/Attivo > 43mil €).
Le previsioni per il 2014 del tasso di ingresso rispetto alla stessa classificazione confermano un allargamento della forbice tra piccole e grandi imprese, ponendo le micro e piccole imprese ad un livello di rischio di sofferenze bancarie quasi doppio rispetto alle grandi aziende.
 
Anche negli andamenti settoriali la dimensione aziendale risulta determinante rispetto al rischio insolvenza, con gap importanti nell'industria e nel terziario. Unica anomalia in questo senso, già richiamata, è rappresentata dall'edilizia, dove ad una maggiore dimensione di impresa non corrisponde un minore tasso di sofferenza.
 
Le informazioni che si evincono dai dati sulle sofferenze bancarie delle imprese consegnano il quadro di un sistema economico italiano ancora in difficoltà. Le sofferenze bancarie, associate al credit crunch, caratterizzano il settore del credito alle imprese, diminuendo le disponibilità finanziarie degli imprenditori e, di conseguenza, gli investimenti.
Ad oggi, il quantitative easing della Banca Centrale Europea appare lo strumento sul quale le istituzioni comunitarie fanno maggiore affidamento, in particolare per ciò che concerne una massiccia riapertura delle linee di credito a famiglie ed aziende. Rimane, però, una struttura imprenditoriale nazionale formata principalmente da micro e piccole imprese, le quali, come si è visto, faticano molto più delle grandi aziende ad acquisire un merito creditizio fondamentale per una sana e duratura ripresa economica.
 
 
BIBLIOGRAFIA