Prorogati i termini previsti per regolarizzare, senza addebito di sanzioni e interessi, gli indebiti utilizzi in compensazione del credito d’imposta previsto per investimenti in attività di Ricerca e sviluppo.

E' slittato al 31 ottobre 2023 il termine di adesione alla procedura di riversamento; dal 16 dicembre 2022 al 16 dicembre 2023, il termine per il versamento dell’unica rata o, in caso di rateazione, della prima rata; dal 16 dicembre 2023 al 16 dicembre 2024, il termine per il versamento della seconda rata; dal 16 dicembre 2024 al 16 dicembre 2025, il termine per il versamento della terza rata.

L'articolo 5, commi da 7 a 12 del DL n. 146/2021 ha introdotto la disciplina che consente di regolarizzare gli indebiti utilizzi in compensazione del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo maturato nei periodi di imposta a decorrere dal 2015 e fino al 2019, senza irrogazione di sanzioni e applicazione di interessi. Con la regolarizzazione sarà esclusa anche la punibilità per il reato di indebita compensazione (articolo 10-quater del Dlgs 74/2000) che si configura quando il contribuente non versa l'imposta dovuta operando una compensazione con crediti d'imposta inesistenti o non spettanti per un importo superiore a 50mila euro annui e per il quale non sussiste la necessità di acquisire nel procedimento penale il parere del Ministero dello Sviluppo Economico che confermi l'inesistenza dei crediti di ricerca e sviluppo utilizzati in compensazione.

La regolarizzazione concerne i bonus indebitamente fruiti a causa:
-di attività non classificabili come ricerca e sviluppo nell’accezione rilevante ai fini della disciplina agevolativa;
-di attività non ammissibili al credito d’imposta;
-di spese, pur afferenti ad attività ammissibili, determinate in violazione principi di pertinenza e congruità;
-dell’erronea determinazione della media storica di riferimento.

Istanza: modalità di presentazione e tempistiche
L’istanza va presentata, in modalità telematica, direttamente o tramite intermediari abilitati, utilizzando il prodotto informatico denominato “Richiesta di accesso alla procedura di riversamento del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo” reso disponibile gratuitamente dall’Agenzia delle Entrate nel proprio sito istituzionale.

Il termine per presentare l’istanza di adesione alla sanatoria è stato posticipato al 31 ottobre 2023 (nuovo termine).
Non è possibile ricorrere alla procedura di riversamento spontaneo per i crediti il cui indebito utilizzo è già stato accertato con un atto di recupero o un altro provvedimento impositivo divenuto definitivo alla data del 21 ottobre 2021.

Riversamento del credito
L’importo del credito per il quale viene presentata la suddetta domanda deve pertanto essere riversato entro il 16.12.2023, senza possibilità di utilizzare crediti in compensazione, mediante il modello F24 in unica soluzione.

Il riversamento del credito può essere effettuato anche in tre rate annuali e rispettivamente quindi alle date del 16 dicembre 2023, 16 dicembre 2024 e 16 dicembre 2025.
Il riversamento degli importi dovuti è effettuato, anche in questo caso, senza potersi avvalere della compensazione di cui all’articolo 17 del D.lgs. n. 241/1997.

Per consentire il riversamento spontaneo degli indebiti utilizzi in compensazione del credito di imposta in parola, tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” (c.d. F24 ELIDE), la risoluzione n. 34/E/2022 istituisce i seguenti codici tributo:
“8170” denominato “Riversamento spontaneo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo – articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 – UNICA SOLUZIONE”;
“8171” denominato “Riversamento spontaneo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo – articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 – PRIMA RATA”;
“8172” denominato “Riversamento spontaneo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo – articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 – SECONDA RATA”;
“8173” denominato “Riversamento spontaneo del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo – articolo 5, commi da 7 a 12, del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146 – TERZA RATA”.

L’art. 10-quater Dlgs 74/2000 “Indebita compensazione” stabilisce che:
1. È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti non spettanti, per un importo annuo superiore a cinquantamila euro.
2. È punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, crediti inesistenti per un importo annuo superiore ai cinquantamila euro.

Sentenza n. 32331/2022 della Corte di Cassazione (Sez. III pen.), depositata il 2 settembre 2022:
«l'indebita compensazione effettuata a norma dell'art. 17 D.lgs. n. 241 del 1997 offende gli interessi dell'Erario e incide direttamente sulla riscossione delle imposte dirette e dell'IVA, anche quando il credito inesistente si riferisce alle imposte dirette o all'IVA e viene utilizzato per elidere un debito di altra natura, ovvero quando il credito inesistente non si riferisce alle imposte dirette o all'IVA, ma viene utilizzato per elidere il debito esistente a titolo di imposte dirette o di IVA. Anche in queste ipotesi, infatti, il contribuente sottrae all'Erario somme di pertinenza dell'Amministrazione finanziaria a titolo di imposte dirette o di IVA, facendole riversare ad altri enti o ad altri comparti dell'Amministrazione per estinguere i suoi debiti, ovvero impedisce all'Erario di incassare somme dovute a titolo di imposte dirette o di IVA opponendo crediti inesistenti di altra natura».

«L'ordinanza impugnata ha spiegato che il credito utilizzato in compensazione dalla società (…) deve ritenersi inesistente perché, secondo quanto emerso dagli accertamenti di polizia giudiziaria: -) l'attività di ricerca e sviluppo posta a base del credito non era descritta in maniera sufficiente; -) non vi erano documenti che attestavano la descrizione delle attività concretamente svolte; -) non era stata sviluppata alcuna App mobile; -) non vi era traccia di corrispondenza telematica per le interlocuzioni; -) l'impresa aveva già in uso programmi gestionali dedicati alla logistica e ai trasporti. Ha anche puntualmente indicato che la ricorrente, al momento dei fatti, era l'amministratrice della società (…) la quale aveva effettuato le indebite compensazioni per cui si è proceduto al sequestro. In questo modo, l'ordinanza impugnata ha indicato in modo puntuale perché deve ritenersi la sussistenza del fumus commissi delicti; né la difesa ha richiamato e documentato elementi fattuali incompatibili con la ricostruzione accolta dal Tribunale e da questo non esaminati.
Del tutto destituita di fondamento, poi, è la deduzione concernente la necessità di acquisire il parere del Ministero dello Sviluppo Economico, a norma dell'art. 3, comma 12, d.l. n. 145 del 2013 e dell'art. 8 D.M. 27 maggio 2015, per accertare l'inesistenza del credito utilizzato in compensazione. Le disposizioni indicate, infatti, si limitano a prevedere i controlli da effettuare in sede amministrativa ai fini della verifica della effettività dei crediti d'imposta per attività di ricerca e sviluppo, ma non stabiliscono alcuna "riserva di accertamento" amministrativa pregiudiziale rispetto alle valutazioni del giudice penale. D'altro canto, il sistema processuale penale, in particolare in forza del combinato disposto degli artt. 2, 3 e 479 cod. proc. pen., esclude limiti o vincoli ai poteri decisori del giudice penale, anche in relazione alle questioni pregiudiziali, e, salvo specifiche eccezioni, persino se in relazione ad esse sia pendente un giudizio civile o amministrativo».

 

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Sentenza numero 11795.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione
“In considerazione dell’ampliamento delle ipotesi di compensazione in ambito tributario previste dall’art. 17 del d.lgs. n. 241 del 1997 – a norma del quale i contribuenti che devono eseguire versamenti unificati di imposte, di contributi previdenziali e assistenziali, di premi INAIL e di altre somme a favore dello Stato, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e di altri enti possono utilizzare in compensazione i crediti risultanti dalle dichiarazioni fiscali o dalle denunce periodiche contributive – l’orientamento prevalente di questa Corte, richiamato come tale anche nella sentenza n. 35 del 2018 della Corte costituzionale, ha ritenuto che il reato di indebita compensazione possa configurarsi sia in caso di compensazione “verticale”, riguardante crediti e debiti afferenti alla medesima imposta, sia in caso di compensazione “orizzontale”, concernente crediti e debiti di imposta di natura diversa, in quanto può avere ad oggetto tutte le somme dovute che ‘possono essere inserite nell’apposito modello F24, incluse quelle relative ai contributi previdenziali e assistenziali.
Tale giurisprudenza ravvisa la ratio della disposizione in esame nella necessità di punire tutti quei comportamenti che si concretizzano in realtà nell’omesso versamento del dovuto e nel conseguimento di un indebito risparmio di imposta mediante l’indebito ricorso al meccanismo della compensazione tributaria, ossia attraverso la materiale redazione di un documento ideologicamente falso, idoneo a prospettare una compensazione che non avrebbe potuto avere luogo, o per la non spettanza o per l’inesistenza del credito.
Ed è evidente che, in questa prospettiva, l’indebito risparmio di imposta che la norma incriminatrice tende a colpire non può essere limitato al mancato versamento delle imposte dirette o dell’Iva, ma coinvolge necessariamente anche le somme dovute a titolo previdenziale e assistenziale, il cui mancato pagamento, attraverso lo strumento della compensazione effettuata utilizzando crediti inesistenti o non spettanti, determina per il contribuente infedele un analogo risparmio di imposta (ex plurimis, Sez. 3 n. 13149 del 03/03/2020, Rv. 279118; Sez. 3, n. 5934 del 12/09/2018, Rv. 275833; Sez. 3, n. 8689 del 30/10/2018, Rv. 275015; 4/02/2015, n. 5177; Sez. 3, n. 15236 del 16/01/2015, Rv. 263051; Sez. 3, n. 42462 del 11/11/2010, Rv. 248754).
Risponde, dunque, del reato ex art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000 non solo, come è pacifico, chi omette di versare imposte dirette o IVA utilizzando indebitamente in compensazione crediti concernenti altre imposte o crediti di natura previdenziale, ma anche chi si avvalga di analogo artificio per evitare di corrispondere tali ultime imposte ovvero contributi dovuti ad enti di previdenza. La norma in esame, in altri termini, si presta a reprimere l’omesso versamento di somme di denaro attinente a tutti i debiti, sia tributari, sia di altra natura, per il cui pagamento deve essere utilizzato il modello di versamento unitario, con la conseguenza che sono sottoposti a tale disciplina sia le compensazioni di debiti Iva o imposte sui redditi con altri tributi e contributi dovuti sia le compensazioni di questi ultimi tributi e contributi con crediti Iva e imposte dirette, potendo venire in rilievo, sul lato attivo o passivo del rapporto obbligatorio, qualunque tributo o contributo che possa essere opposto in compensazione secondo le norme generali”.