Cassazione ordinanza 31/05/2019 n. 14919. Il revisore legale di una società che fa parte del medesimo studio professionale di uno dei sindaci della stessa (al mero fine di condividere i costi) non può dirsi indipendente ex art. 10 del DLgs. 39/2010 e, quindi, la sua nomina è nulla e non ha diritto a percepire i relativi compensi. 

La Suprema Corte, ha precisato che:
- per la salvaguardia dei requisiti di obiettività e indipendenza, di cui all’art. 10 del DLgs. 39/2010, nel concetto di “società” rientra anche l’organo societario del Collegio sindacale
- l’esistenza di un rapporto di natura patrimoniale, anche in senso lato, tra revisore e sindaco può essere potenziale fonte di reciproci condizionamenti;
- anche le modalità di nomina e revoca dei revisori legali sono tali per cui è necessario escludere, a priori, qualsiasi forma di condizionamento e interessenza;
- è stato recepito il principio comunitario della cosiddetta indipendenza anche “in apparenza”, essendo necessario che il revisore, oltre a essere indipendente, appaia anche tale agli occhi di terzi informati, obiettivi e ragionevoli;
- l’art. 10 del DLgs. 39/2010 è norma imperativa, o comunque di ordine pubblico economico.

Attenzione anche al fatto che la mancata indipendenza del revisore può rendere annullabile anche il bilancio per vizio della procedura di approvazione. 

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo Grosso Michele ha dedotto violazione e falsa applicazione dell'art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 10 e 1 comma 1° lett. I) del DLgs n. 39/2010.
Lamenta il ricorrente che l'art. 10 DLgs n. 39/2010 impone al revisore il requisito dell'indipendenza con riferimento solo alla società e non già ad un componente del collegio sindacale. La norma predetta non introduce alcun divieto in capo al revisore di intrattenere relazioni economiche con i sindaci della stessa società a favore della quale svolgono le proprie prestazioni.
L'attività di revisione contabile non ha ad oggetto l'attività dei sindaci, rispetto alla quale si pone su un piano diverso, ma parallelo, essendo sindaci e revisori entrambi controllori della società, orientando la rispettiva attività verso il medesimo risultato di tutela dei terzi.
Non viola, pertanto, l'obbligo di indipendenza il revisore che sia legato da rapporti di tipo professionale o economico (nel caso di specie, mera condivisione di costi) con uno dei sindaci della società oggetto di revisione.
2. Con il secondo motivo è stata dedotta violazione e falsa applicazione dell'art. 360 comma 1° n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 10 e 1 comma 1° lett. I) del DLgs n. 39/2010 con riferimento al requisito di indipendenza del revisore.
Espone il ricorrente che ai fini della ricorrenza di una situazione di incompatibilità, non è sufficiente la mera sussistenza di meri rapporti di tipo patrimoniale tra la società (o il sindaco) ed il revisore, essendo necessario che tali rapporti siano significativi e tali da compromettere l'indipendenza del revisore.
Evidenzia che l'art. 10 DLgs n. 39/2010 è stata introdotta nel nostro ordinamento in ragione dei dettami comunitari (vedi raccomandazione della Commissione europea del 16 maggio 2002) in virtù dei quali un revisore legale o una società di revisione possono essere visti come finanziariamente dipendenti da un singolo cliente o gruppo di clienti quando il totale dei corrispettivi per servizi di revisione e non che prevedono di ricevono oltrepassino un a soglia critica dei loro ricavati totali. Ne consegue che se una relazione d'affari sussiste, ma non assuma carattere di significatività e rilevanza, tale relazione non consente al terzo obiettivo e ragionevole di trarre la conclusione che l'indipendenza del revisore legale risulti compromessa.
Nel caso di specie, l'importo pattuito per la revisione contabile non aveva rappresentato una percentuale elevata dei ricavi professionali complessivi del ricorrente.
3. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione dell'art. 360 comma 1° n. 5 c.p.c. per l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Lamenta il ricorrente che non è stato esaminato il fatto, oggetto di discussione tra le parti, rappresentato dall'accertamento della rilevanza e significatività delle relazioni d'affari e di lavoro intercorrenti tra la società ed il dott. Grosso.
4. I tre motivi, da esaminare unitariamente in ragione della loro stretta connessione, sono infondati.
Ad avviso di questo Collegio, affinchè siano salvaguardati i requisiti di obiettività ed indipendenza, richiesti dall'art. 10 DLgs n. 39/2010 per l'esercizio dell'attività di revisore contabile, nel concetto di "società" - che non può intrattenere con il revisore legale relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette (aventi ad oggetto la prestazione di servizi anche diversi dalla revisione) - rientra, a pieno titolo, anche l'organo societario del collegio sindacale. Si tratta, infatti, di un organo facente parte della c.d. governance della società, il quale concorre alla formazione dell'iter decisionale della medesima, sia partecipando alle assemblee dei soci che ai consigli di amministrazione, sia svolgendo, a norma dell'art. 2403 cod. civ., l'attività di vigilanza sull'osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto del principio di corretta amministrazione ed anche sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul corretto funzionamento.
In particolare, in materia di bilancio, se è pur vero che il c.d. controllo esterno delle società per azioni (e negli altri casi previsti dalla legge) compete alla società di revisione, la quale deve esprimere un parere sull'attendibilità del bilancio di esercizio e sulla corretta valutazione delle singole voci appostate nel medesimo, tuttavia, anche il collegio sindacale svolge nella procedura di approvazione del bilancio un ruolo non certo irrilevante, dovendo, a norma dell'art. 2429 c.c., non solo riferire all'assemblea sui risultati dell'esercizio sociale, ma fare osservazioni e proposte in ordine al bilancio medesimo ed alla sua approvazione.
Dunque, anche se formalmente non possono esservi sovrapposizioni tra l'attività svolta dai sindaci e quella dei revisori contabili, avendo solo quella dei revisori una rilevanza esterna nei rapporti con i terzi e con gli stessi soci - significativo, in tal senso, è l'art. 2434 bis c.c., secondo cui per impugnare la deliberazione di approvazione del bilancio, su cui il soggetto incaricato di effettuare la revisione ha emesso un giudizio privo di rilievi, occorrono tanti soci che rappresentino almeno il cinque per cento del capitale sociale (norma che evidenzia, peraltro, l'importanza dell'attività dei revisori contabili e la conseguente necessità della loro indipendenza) - i pur diversi ambiti operativi delle due figure professionali sopra indicate possono venire comunque in stretta relazione ed eventuale interferenza.
Alla luce di quanto osservato, è indubbio che l'esistenza di un rapporto di natura patrimoniale, anche lato sensu, tra sindaco e revisore contabile sia potenzialmente fonte di possibili reciproci condizionamenti, tenuto conto, peraltro, che, in caso di mala gestio, a norma dell'art. 2407 comma 2° cod. civ., i sindaci sono responsabili solidalmente con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, qualora il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.
Anche le modalità di nomina e revoca dei revisori contabili sono tali per cui è necessario escludere, a priori, ogni possibile forma di condizionamento ed interessenza.
In proposito, l'art. 13 comma 1° DLgs n. 39/2010, dispone che l'assemblea conferisce l'incarico al revisore contabile alla società di revisione su proposta motivata dell'organo di controllo, il quale deve essere sentito, ai sensi del comma 3° della stessa norma, per la revoca dell'incarico quando ricorre una giusta causa di revoca del revisore.
D'altra parte, va osservato che il nostro legislatore, al fine di salvaguardare i principi dell'obiettività e dell'indipendenza del revisore contabile, ha accolto all'art. 10 comma 2° DLgs n. 39/2010 il criterio, già indicato dal legislatore comunitario nell'art. 22 comma 2° (e nel considerando n. 11) della direttiva n. 43/2006 del 17 maggio 2006, della valutazione del "terzo informato, obiettivo e ragionevole" che dall'esistenza tra la società ed il revisore contabile di relazioni finanziarie, d'affari, di lavoro etc. "trarrebbe la conclusione che l'indipendenza del revisore legale o della società di revisione legale risulta compromessa". In sostanza, è stato accolto il principio della cosiddetta indipendenza anche "in apparenza", essendo necessario che il revisore contabile, oltre ad essere indipendente, appaia anche tale agli occhi dei terzi.
Dunque, sia il legislatore comunitario che quello italiano, allo scopo di affermare la necessità della massima trasparenza ed indipendenza possibile della figura del revisore contabile, hanno ormai superato quel passaggio - evidenziato dalla parte ricorrente - della raccomandazione della Commissione Europea del 16 maggio 2002, secondo cui "un revisore legale, una società di revisione o una rete possono essere visti come finanziariamente dipendenti da un singolo cliente o gruppo di clienti quando il totale dei corrispettivi, per servizi di revisione e non, che ricevono o prevedono di ricevere da quel cliente o gruppo di clienti oltrepassa una soglia critica dei loro ricavi totali".
Né nel testo della direttiva comunitaria sopra citata, né in quello del legislatore italiano, è stato accolto un criterio che, per valutare l'obiettività e l'indipendenza del revisore contabile, attribuisca rilievo all'esistenza di una relazione d'affari tra quest'ultimo ed una società solo se tale relazione assuma un carattere di significatività. Nessun riferimento è, infatti, contenuto nei testi normativi sopra indicati ai concetti di "significatività" e "rilevanza" del rapporto d'affari tra società e revisore contabile che, pertanto, ai fini della valutazione dell'esistenza dei requisiti di obiettività ed indipendenza del revisore contabile, deve escludersi tout court.
Si condivide, infine, l'impostazione giuridica del Tribunale in ordine alla natura imperativa, o comunque di ordine pubblico economico, dell'art. 10 DLgs n. 39/2010, essendo tale norma finalizzata ad assicurare la massima trasparenza ed obiettività delle informazioni ai soggetti che operano nel mercato, dovendo i revisori attestare al cospetto di tutti gli operatori economici (soci, creditori, terzi in generale) l'attendibilità del bilancio dagli stessi certificato nell'interesse generale dell'economia.
Ne consegue che dalla violazione della norma in esame deriva la nullità dell'atto di nomina del revisore, venendo quindi meno il suo diritto al compenso.
Il rigetto del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nei termini di cui in dispositivo.

 

Adeguati assetti la relazione semestrale al collegio sindacale

Scatta l'obbligo dell'adeguata verifica degli assetti a che punto sei

Attento amministratore se non adeguati gli assetti, la polizza assicurativa non ti salva

 

Francesco Cacchiarelli economista di impresa

Iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Viterbo, al numero 084 sezione A, anzianità 1989

Iscritto nel Registro dei Revisori Legali MEF, al numero 103287 sezione A, anzianità 1999

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