SOMMARIO: 1. Premessa: i reati urbanistico edilizi e le diverse fattispecie incriminatrici. 2. I soggetti responsabili. 3. Interventi di ristrutturazione edilizia: l'applicazione del meccanismo sanzionatorio di cui all'art. 44 del Testo Unico Edilizia 4. L'elemento psicologico del reato. 5. Il momento consumativo del reato: calcolo del termine di prescrizione. 6. Il rilascio del permesso di costruire in sanatoria e l'effetto estintivo del reato. 7. Reati edilizi e cause di non punibilità: la rimozione dell'abuso edilizio  attraverso la sua demolizione o la rimessione in pristino dello stato dei luoghi quale presupposto per l'applicazione dell'art. 131 bis c.p.
 
1. Premessa: la disciplina penale dell'edilizia
Il legislatore ha inserito all'interno del DPR n. 380 del 2001 (altrimenti noto come Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) il sistema sanzionatorio penale: nello specifico, oltre alle sanzioni di tipo amministrativo – che consistono ad esempio nella demolizione dell'opera abusiva o nella rimessione in pristino dello stato dei luoghi – sono state inserite le sanzioni di tipo penale collegate a fattispecie di reato di natura contravvenzionale.
La norma di riferimento è l'art. 44 del Testo Unico Edilizia che prevede tre diverse categorie di reati: si tratta sempre e solo di ipotesi contravvenzionali che, come tali, comportano l'applicazione della pena dell'ammenda sola o congiunta alla pena dell'arresto.
 
Nello specifico, l'art. 44 del Testo Unico Edilizia, sotto la rubrica "Sanzioni penali" così dispone:
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:
a) l'ammenda fino a 20.658 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
b) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 10.328 a 103.290 euro nei casi esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;
c) l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 30.986 a 103.290 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.
2. La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari.
2 bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell'art. 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa.
 
Semplificando si può dire che:
* la lettera a) del comma 1 contempla le fattispecie di reato di minore gravità: concerne in generale "la violazione della legalità urbanistica ed edilizia, assumendo come parametro una molteplicità di fonti normative, che vanno dal permesso di costruire agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, nonché alle disposizioni del Testo Unico Edilizia in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia e responsabilità, in quanto applicabili" (G. CIAN – A. TRABUCCHI, Commentario breve alle leggi in materia di urbanistica ed edilizia, Seconda edizione, Cedam, 2014, 388);
* la lettera b) del comma 1 definisce la condotta penalmente rilevante introducendo l'ipotesi delle opere eseguite in assenza o totale difformità rispetto al titolo abilitativo nonché quella della prosecuzione dei lavori nonostante il disposto ordine di sospensione;
* la lettera c) del comma 1 contempla infine la figura criminosa di lottizzazione abusiva di terreni con finalità edilizia.
Tutte le fattispecie contravvenzionali appena elencate troveranno applicazione – tenuto conto di quanto dispone il comma 2 bis – nei casi in cui gli interventi edilizi siano suscettibili di essere realizzati mediante SCIA (segnalazione certificata di inizio attività).
 
2. I soggetti responsabili
Al fine di individuare quali siano i soggetti penalmente responsabili delle condotte tipizzate dall'art. 44 del Testo Unico Edilizia è necessario prestare attenzione a quanto dispone l'art. 29: le contravvenzioni edilizie sono invero fattispecie di reato a soggettività ristretta, fatti salvi – è bene sottolinearlo – i casi in cui un soggetto, pur non rivestendo alcuna delle qualifiche soggettive definite dalla norma, abbia concorso alla consumazione del fatto attraverso il proprio contributo causale (materiale o morale).
Tanto premesso, passiamo ad elencare le categorie soggettive contemplate dall'art. 29 del Testo Unico Edilizia.
 
A) Il titolare del permesso di costruire
Il titolare del permesso di costruire è – evidentemente – il soggetto che abbia richiesto ed ottenuto il permesso di costruire. Al fine di una corretta individuazione di tale qualifica soggettiva è bene rappresentare che non sempre il titolare del permesso di costruire è colui che risulta essere il proprietario dell'immobile. Tale conclusione ed il conseguente divieto di ricorrere ad automatismi si ricava dall'art. 11 del Testo Unico Edilizia che, al comma 1), dispone: "Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo".
 
B) Il committente
Come è noto, con il termine committente si individua il soggetto che – pur conservando un autonomo potere decisionale e di spesa – abbia affidato la realizzazione di interventi di natura edilizia ad una o più ditte ovvero ad autonomi lavoratori.
 
C) Il costruttore
Anche il costruttore è soggetto attivo del reato e coincide sostanzialmente con la figura dell'imprenditore che abbia ottenuto l'appalto per la realizzazione degli interventi edilizi. Si tratta, tuttavia, di nozione non ben definita che, nel corso degli anni, ha alimentato in dottrina e giurisprudenza un acceso dibattito interpretativo: la questione di diritto controversa concerne invero la possibilità di ricomprendere nella nozione di costruttore anche il soggetto che - alle dipendenze dell'impresa appaltatrice – abbia rivestito il ruolo di operaio.
Sul punto la Suprema Corte di Cassazione ha elaborato il seguente principio di diritto: "La natura di reati "propri" degli illeciti previsti dalla normativa edilizia non esclude che soggetti diversi da quelli individuati dall'art. 29, comma primo, del Testo Unico Edilizia, possano concorrere nella loro consumazione, in quanto apportino, nella realizzazione dell'evento, un contributo causale rilevante e consapevole. (Nella specie si trattava degli operai, materiali esecutori dei lavori abusivi)" (Cass. Pen. Sez. III, 23.03.2011, n° 16571).
 
D) Il direttore dei lavori
Quella del direttore dei lavori è categoria soggettiva idonea a ricomprendere diverse figure professionali: in ambito edilizio invero tale qualifica potrà essere assunta dal soggetto che – in qualità di geometra, ingegnere o architetto e nell'interesse del committente – segua da vicino l'esecuzione delle opere edilizie assumendo, per l'effetto, il compito di verificare che l'attività dell'appaltatore sia conforme alle prescrizioni contrattuali e alle modalità esecutive stabilite nel titolo edilizio. Si tratta, in altre parole, del professionista sui cui grava – in tema di costruzioni abusive edilizie –  "una posizione di garanzia circa la regolare esecuzione dei lavori, con la conseguente responsabilità per le ipotesi di reato" (Cass. Pen. Sez. III, 24.02.2004, n° 15283): tant'è che autorevole dottrina ha attribuito al direttore dei lavori la qualifica di garante della legalità degli interventi edilizi (MITTONE, Le responsabilità penali, in V. Fantigrossi, L. Piscitelli (a cura di), La nuova disciplina dell'edilizia, Piacenza, 2003).
Per quanto concerne l'ambito della responsabilità penale del direttore dei lavori, si rappresenta inoltre che, tenuto conto di quanto dispone l'art. 29 del Testo Unico Edilizia, tale figura professionale gode di una vera e propria limitazione di responsabilità che trova la sua ragion d'essere nella circostanza per cui il direttore dei lavori inizia la sua attività dopo che l'intervento edilizio sia stato assentito.
Dunque: il direttore dei lavori, ai sensi dell'art. 29, comma 1, Testo Unico Edilizia, è responsabile – unitamente al titolare del permesso di costruire, al committente ed al costruttore – nei soli casi in cui le opere realizzate non siano conformi a quanto previsto nel permesso di costruire o alle modalità esecutive stabilite dal medesimo.
Inoltre, sempre sotto il profilo della sussistenza di una esimente della responsabilità per il direttore dei lavori, l'art. 29, comma 2, Testo Unico Edilizia dispone che: "Il direttore dei lavori non è responsabile qualora abbia contestato agli altri soggetti la violazione delle prescrizioni del permesso di costruire, con esclusione delle varianti in corso d'opera, fornendo al dirigente o responsabile del competente ufficio comunale contemporanea e motivata comunicazione della violazione stessa. Nei casi di totale difformità o di variazione essenziale rispetto al permesso di costruire, il direttore dei lavori deve inoltre rinunziare all'incarico contestualmente alla comunicazione resa al dirigente. In caso contrario il dirigente segnala al consiglio dell'ordine professionale di appartenenza la violazione in cui è incorso il direttore dei lavori, che è passibile di sospensione dall'albo professionale da tre mesi a due anni".
 
3. Interventi di ristrutturazione edilizia: l'applicazione del meccanismo sanzionatorio di cui all'art. 44 del Testo Unico Edilizia
L'art. 3, comma 1, lett. d) del DRP n. 380 del 2001 (Testo Unico Edilizia) così definisce la nozione di "interventi di ristrutturazione edilizia": gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione o ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile la preesistente consistenza. Resta fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell'edificio preesistente.
 
La giurisprudenza della Suprema Corte di cassazione ha, sul punto, formulato il seguente principio di diritto: "La nozione di ristrutturazione edilizia presuppone il ripristino o la sostituzione di elementi costitutivi dell'edificio originario volti a trasformare l'organismo preesistente, a condizione che rimangano immutati sagoma, volume ed altezza dello stesso"(Cass. Pen. Sez. III, 16.06.2011, n. 36528).
 
Tanto premesso, gli interventi di ristrutturazione edilizia possono richiedere, ad esempio, il rilascio – quale titolo abilitativo – della D.I.A. (denuncia di inizio attività) o della S.C.I.A. (segnalazione certificata di inizio attività).
In entrambi i casi pertanto può trovare applicazione il precetto penale tipizzato dall'art. 44 del  DRP n. 380 del 2001: nello specifico si tratterà – nella maggior parte dei casi – dell'ipotesi di reato prevista e punita dal comma 1, lett. b) della norma in esame e dunque, opere eseguite in assenza del titolo abilitativo ovvero opere eseguite in totale difformità rispetto al titolo abilitativo.
 
Nello specifico, per quanto concerne gli interventi di ristrutturazione eseguiti in assenza di DIA o in totale difformità dalla stessa, si rappresenta che solo nei casi di cui al comma 3 dell'art. 22 del DPR n. 380 del 2001- e dunque nelle ipotesi in cui la denuncia di inizio attività sia richiesta alternativamente al permesso di costruire - si potrà configurare un intervento abusivo edilizio, come tale, sanzionato ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. b) del Testo Unico Edilizia.
Si tratta degli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all'art 10, comma 1, lettera C): "gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili comprese nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d'uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni".
 
Per quanto concerne invece gli interventi di ristrutturazione edilizia realizzabili mediante SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) il comma 2 bis dell'art. 44 del DPR n. 380 del 2001così dispone: "Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi suscettibili di realizzazione mediante segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell'art. 22, comma 3, eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa".

4. L'elemento psicologico del reato
Le fattispecie di reato previste e punite dall'art. 44 del DPR n. 380 del 2001 sono di natura contravvenzionale e pertanto, in punto di causalità psicologica, possono essere commesse indifferentemente con dolo ovvero con colpa.
 
Come è noto, la colpa, di per sé, presuppone l'assenza della volontà diretta a commettere un reato: la realizzazione del reato stesso deve dunque essere non voluta.
Ed invero, l'art. 43 del codice penale definisce il delitto "colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente, e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline".

Ciò significa che: ai fini dell'accertamento della penale responsabilità nella materia in esame (e dunque nelle ipotesi di reato previste e punite dall'art. 44 del Testo Unico Edilizia) è sufficiente la prova che il soggetto abbia violato le regole precauzionali che si originano dall'esperienza della vita sociale o dalla fonte normativa scritta (G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto Penale, Parte Generale, Zanichelli, 2014. 568 e ss.).
 
La giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ha tuttavia introdotto il limite della buona fede e le Sezioni Unite penali (Cass. Pen. SS.UU., 10.06.1994, n. 8154) hanno ben tracciato i contorni dell'ignoranza inevitabile affermando che "per il comune cittadino tale condizione è sussistente ogni qualvolta egli abbia assolto – con il criterio dell'ordinaria diligenza – al cosiddetto “dovere di informazione”, attraverso l'espletamento di qualsiasi utile accertamento, per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia. Per l'affermazione della scusabilità dell'ignoranza, occorre, cioè, che da un comportamento positivo degli organi amministrativi o da un complessivo pacifico orientamento giurisprudenziale, l'agente abbia tratto il convincimento della correttezza dell'interpretazione normativa e, conseguentemente, della liceità del comportamento tenuto" (R. GAROFOLI – G. FERRARI, Codice dell'edilizia, Nel Diritto Editore, pag. 773).
 
5. Il momento consumativo del reato: calcolo del termine di prescrizione
La contravvenzione di cui all'art. 44, comma 1, lett. b) del DPR n. 380 del 2001 ha natura di reato permanente la cui consumazione ha inizio con l'avvio dei lavori di costruzione e perdura fino alla cessazione dell'attività edificatoria abusiva.
Si tratta di un principio di diritto che trova autorevole riscontro nella giurisprudenza di legittimità: "Il momento della cessazione dell'attività edificatoria abusiva, che determina la cessazione della permanenza del reato, va individuato o nella sospensione dei lavori, sia essa volontaria o forzosa, o nella ultimazione dei lavori per il completamento dell'opera o, infine, nella sentenza di condanna di primo grado ove i lavori siano proseguiti dopo l'accertamento e sino alla durata del giudizio" (Cass. Pen. Sez. III, 03.07.2003, Caputo).
 
Dunque, sintetizzando, ai fini del calcolo del termine prescrizione e, per l'effetto, ai fini della dichiarazione di estinzione del reato ai sensi degli artt. 157 e ss. c.p. si deve tenere conto:
* della cessazione dei lavori abusivi (per qualsiasi causa, volontaria o imposta);
* della sospensione dei lavori abusivi (per qualsiasi causa, volontaria o imposta);
* della pronuncia della sentenza di primo grado (se i lavori abusivi sono proseguiti anche dopo l'accertamento e fino alla data del giudizio);
* della intervenuta ultimazione dell'opera abusiva: intendendosi per ultimazione dell'opera abusiva <<la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni, quali gli intonaci e gli infissi, onde, per esempio, a tal fine non è affatto sufficiente l'uso effettivo dell'immobile, accompagnato dall'attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno>> (G. AMATO, Reati edilizi: come “calcolare” la prescrizione?, in Pluris Cedam, Quotidiano, 2014).
 
Ed allora, una volta individuato il momento consumativo del reato secondo il meccanismo appena richiamato, il reato stesso potrà dirsi estinto per intervenuto decorso del termine di prescrizione quando siano trascorsi 4 anni (ai sensi dell'art. 157, comma 1, c.p.) ovvero 5 anni (ai sensi dell'art. 161, comma 2, c.p. in presenza di atti interruttivi).
 
In questi casi la notizia di reato potrà essere archiviata già nella fase delle indagini preliminari ovvero – in sede dibattimentale – il giudice, rilevato che il termine di prescrizione sia ritualmente maturato, potrà pronunciare – in ogni stato e grado del processo –  una sentenza di non doversi procedere.
 
6. Il rilascio del permesso di costruire in sanatoria e l'effetto estintivo del reato
L'art. 45, comma 3, del DPR n. 380 del 2001 così dispone: "Il rilascio in sanatoria del permesso di costruire estingue i reati contravvenzionali previsti dalle norme urbanistiche vigenti".
In questo caso se l'amministrazione comunale – chiamata a pronunciarsi in relazione ad una domanda di sanatoria – dovesse riscontrare positivamente la domanda stessa e,  per l'effetto, esprimere una valutazione di legittimità sostanziale dell'opera che è stata realizzata ciò precluderebbe automaticamente non solo l'applicazione della sanzione penale ma anche l'ordine di demolizione che il giudice penale può disporre solo in caso di sentenza di condanna (ai sensi dell'art. 31, comma 9, del DPR n. 380 del 2001).
Inoltre, ai sensi dell'art. 45, comma 1, DPR n. 380 del 2001: "L'azione penale relativa alle violazioni edilizie rimane sospesa finché non siano stati esauriti i procedimenti amministrativi di sanatoria di cui all'art. 36".
 
7. Reati edilizi e cause di non punibilità: la rimozione dell'abuso edilizio attraverso la sua demolizione o la rimessione in pristino dello stato dei luoghi quale presupposto per l'applicazione dell'art. 131 bis c.p.
Il legislatore, con la novella del 2015, ha introdotto nel codice penale una nuova causa di non punibilità in presenza della particolare tenuità del fatto di reato contestato.
Nello specifico, così dispone il nuovo art. 131 bis del codice penale: "Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'art. 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale".
 
Proprio con riferimento ai reati edilizi previsti e puniti dall'art. 44 del DPR n. 380 del 2001 si è acceso un vivace dibattito giurisprudenziale circa la delimitazione dell'ambito applicativo della nuova causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.
Ed invero secondo un primo orientamento giurisprudenziale, in presenza di violazioni in materia edilizia – trattandosi di fattispecie di reato aventi natura permanente – non poteva (in ogni caso) trovare applicazione la causa di non punibilità in esame perché, fin quando la permanenza non fosse cessata, l'offesa all'interesse tutelato non poteva certamente considerarsi tenue.
In altre parole, per effetto di tali pronunce, nel caso delle contravvenzioni relative agli abusi edilizi, a causa della perdurante compressione del bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice, il soggetto attivo del reato non avrebbe mai potuto beneficiare dell'istituto in esame.
 
Ad oggi, in seno alla giurisprudenza di legittimità, si è introdotto un correttivo a tale rigore interpretativo. Ed invero, di recente, così si è espressa la Suprema Corte di Cassazione: "In tema di reati edilizi, l'eliminazione dell'opera abusiva, attraverso la sua demolizione o remissione in pristino dello stato dei luoghi, implicando la cessazione della permanenza, può consentire, a condizioni esatte, l'applicazione della causa di non punibilità introdotta dall'art. 131 bis c.p." (Cass. Pen. Sez. III, 22.12.2015, n. 50215).
 
Ed allora, nel caso in cui un a seguito di un intervento di ristrutturazione edilizia integrante un'ipotesi di reato, se l'autore dell'abuso provvede alla demolizione delle opere o, alternativamente, alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi, potrà ottenere l'archiviazione del procedimento già nel corso delle indagini preliminari oppure la pronuncia di un provvedimento di non punibilità ai sensi dell'art. 131 bis c.p. nel corso del processo.
 
Articolo redatto dall'Avvocato Luca Vettori - Relazione al seminario "Ristrutturazione edilizia. Cosa serve, come fare a chi rivolgersi" – 21/06/2016, presso Start Coworking