Fatte salve le ipotesi di nullità del matrimonio (per violazione delle disposizioni relative all’età, la libertà di stato, la parentela, l’affinità, il delitto ecc.), nonché l’impugnazione per vizio della volontà (sotto il profilo dell’incapacità, del dolo, della violenza e dell’errore), il matrimonio si scioglie soltanto con la morte di uno dei coniugi e negli altri casi espressamente, e tassativamente, previsti dalla legge.
Lo scioglimento del matrimonio costituisce, ai sensi della normativa vigente, un’eccezione, una deviazione o meglio uno strappo alla regola! A voler intendere il matrimonio come un contratto si potrebbe pensare che come lo si è stipulato altrettanto dovrebbe poter essere sciolto, risolto o annullato, seppur sempre secondo precise disposizioni di legge. In realtà, il matrimonio, che almeno in teoria dovrebbe unire per sempre, è molto più di un contratto perché non attiene soltanto al costituire, regolare o estinguere un rapporto giuridico patrimoniale bensì incide sui diritti-rapporti personali prima che su quelli patrimoniali. Infatti, con il matrimonio i coniugi acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri di fedeltà, assistenza morale e materiale, collaborazione nell’interesse della famiglia e coabitazione, contribuzione ai bisogni della famiglia. Col matrimonio, secondo l'ordinamento, si costituisce non una ma la famiglia, consolidando giuridicamente la comunione spirituale e materiale tra i coniugi che ben può già esistere di fatto...
 
Oltre alla morte del coniuge, la normativa vigente prevede e disciplina lo scioglimento del matrimonio mediante il divorzio, che con riferimento al matrimonio religioso determina tuttavia soltanto la cessazione degli effetti civili del matrimonio ma non lo scioglimento dell’unione religiosa.
Sebbene recentemente sia entrato in vigore il cosiddetto divorzio breve, diversamente il divorzio diretto è ancora soltanto un disegno di legge. Invero, lo scioglimento del matrimonio civile, o la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario, può essere domandato soltanto decorso un certo termine dalla procedura di separazione personale dei coniugi (altresì, se dopo la celebrazione l'altro coniuge è stato condannato, o assolto per vizi mentali con riferimento a particolari delitti; oppure se il coniuge cittadino straniero ha ottenuto all'estero l'annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all'estero nuovo matrimonio; o se il matrimonio non è stato consumato; o se è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei coniugi).
Il diritto di chiedere la separazione giudiziale o l’omologazione di quella consensuale spetta esclusivamente ai coniugi quando sia ormai intollerabile la prosecuzione della convivenza o sussistano circostanze tali da recare grave pregiudizio all’educazione della prole.
Con la separazione, i coniugi non sciolgono il matrimonio bensì ne sospendono parzialmente gli effetti, in attesa di una riconciliazione o del divorzio. Tuttavia, si evidenzia che la semplice separazione di fatto, conseguente all'allontanamento di uno dei coniugi per volontà unilaterale o anche per accordo, senza l'intervento di un Giudice non interrompe gli effetti civili del matrimonio, salvo quanto recentemente previsto con il decreto legge n. 132/2014, convertito in legge 10.11.2014, n. 162 (negoziazione assistita da avvocati e procedura dinanzi al sindaco).
La separazione consensuale consiste nell’accordo dei coniugi che tuttavia deve essere omologato da un Giudice, dopo che è stato presentato un  apposito ricorso congiunto e si è tenuta un’udienza durante la quale viene esperito il tentativo di riconciliazione.
Ai sensi di legge “Quando l'accordo dei coniugi relativamente all'affidamento e al mantenimento dei figli è in contrasto con l'interesse di questi il giudice riconvoca i coniugi indicando ad essi le modificazioni da adottare nell'interesse dei figli e, in caso di inidonea soluzione, può rifiutare allo stato l'omologazione”.
 
In sintesi, quando la separazione è consensuale il Giudice si limita a controllare che gli accordi dei coniugi non siano in contrasto con norme inderogabili e soprattutto con la tutela dei figli mentre in ipotesi di separazione giudiziale è il Giudice che decide accogliendo o meno le diverse istanze dei coniugi in disaccordo.
 
La separazione legale, sia consensuale che giudiziale (o con negoziazione assistita da avvocati o procedura dinanzi al sindaco), rappresenta una condizione essenziale per poter divorziare. Come detto, con il divorzio viene pronunciato lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili (se è stato celebrato matrimonio concordatario con rito religioso, cattolico o di altra religione riconosciuta dalla Stato italiano); gli effetti del matrimonio vengono a cessare definitivamente sia sul piano personale (uso del cognome del marito, presunzione di concepimento, etc.) che sul piano patrimoniale, tanto che l’eventuale assegno di mantenimento  si trasforma se ne ricorrono i presupposti in assegno divorzile. Il coniuge non è più coniuge e perde tutti i diritti di natura ereditaria (invero, il coniuge separato cui non è stata addebitata la separazione ha gli stessi diritti successori del coniuge non separato).
 
Qualora uno dei coniugi non abbia adeguati redditi propri, invero, con la separazione che non gli sia addebitata, ha diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento. Ai sensi di legge, “l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato”; garantendo la prosecuzione di quei doveri assistenziali e solidaristici nascenti dal matrimonio attraverso il ripristino delle condizioni economiche e del tenore di vita esistente prima della cessazione del rapporto coniugale.
 
In ogni caso, revoca o modifica degli accordi o dei provvedimenti di separazione sono sempre possibili mediante apposito ricorso al Giudice, qualora sopravvengano giustificati motivi, sia in caso di separazione consensuale che giudiziale ed inoltre, considerato che la separazione giudiziale implica l’instaurarsi di una vera e propria lite giudiziale mentre quest’ultima può sempre trasformarsi in consensuale, la trasformazione di una consensuale in una giudiziale non è possibile essendo necessario instaurare un nuovo procedimento.
 
Ovviamente, soltanto a seguito del divorzio si può pervenire a nuove nozze e la cessazione del matrimonio produce effetti dal momento della sentenza di divorzio, senza determinare il venir meno dei rapporti stabiliti in costanza del vincolo matrimoniale.