Articolo redatto dall'Avv. Andrea Cruciani il 07/03/2015
 
Il Codice Civile disciplina una particolare forma di contratto chiamato associazione in partecipazione con cui, senza costituire alcun tipo di società, un imprenditore "associante" per svolgere l'attività della sua impresa, o per un determinato affare, si avvale del contributo di un altro o più soggetti che diventano "associati" ma non soci.
Il contributo dell’associato, che la normativa chiama “apporto”, può consistere nel conferimento di denaro o altri beni utili all’imprenditore nonché in attività lavorativa; ogni associato viene compensato per l’apporto conferito con una partecipazione agli utili dell'impresa o dell’affare senza tuttavia assumere la qualità d'imprenditore e senza compiere attività di gestione dell’impresa o dell’affare. 
L’unico rischio patrimoniale che corre ogni associato è limitato al tipo di apporto che fornisce all'imprenditore, non assumendo alcuna responsabilità connessa all'attività d'impresa. 
In caso di perdita, infatti, l’associato può essere chiamato a rispondere delle passività soltanto nei limiti del valore di ciò che egli si è obbligato a conferire come apporto nel contratto di associazione, in quanto, in ogni caso, le perdite che colpiscono l'associato non possono superare il valore del suo apporto (art. 2553 codice civile).
Diversamente, associante e associato possono pattuire che l’associato partecipi solo agli utili e non alle perdite; questa ipotesi, invero, prevista come variante dell’associazione in partecipazione, è chiamata cointeressenza (art. 2554 codice civile). Sia l’associazione in partecipazione che i contratti di cointeressenza sono strumenti di finanziamento dell’impresa alternativi al contratto di società e al credito.
In particolare, il contratto di cointeressenza può dirsi un derivato dell’associazione in partecipazione, tanto che sono applicabili le stesse norme in tema di diritti ed obbligazioni dei terzi, diritti dell’associante e dell’associato (artt. 2551 e 2552 codice civile). 
La normativa vigente identifica due tipologie di cointeressenza classificate come propria e impropria (art. 2554); la cointeressenza propria attribuisce al cointeressato la partecipazione sia agli utili che alle perdite ma senza il corrispettivo di un apporto; la cointeressenza impropria, invece, è quel contratto con il quale l’imprenditore attribuisce al cointeressato, a fronte di un apporto, la partecipazione agli utili escludendo espressamente la partecipazione alle perdite.
 
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