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A partire dal 1° febbraio 2024, le aziende devono attenersi a nuove e più rigorose specifiche tecniche nella compilazione delle fatture elettroniche, soprattutto per quanto riguarda le dichiarazioni d'intento. Queste modifiche, introdotte con l'implementazione della versione 1.8 delle specifiche tecniche, influenzano direttamente il processo di emissione e gestione delle fatture elettroniche.
Uno dei principali cambiamenti riguarda un controllo più rigoroso per le fatture che includono dichiarazioni d'intento. Se la dichiarazione d'intento inserita nel campo "Altri dati gestionali" risulta essere invalida, la fattura sarà automaticamente scartata dal Sistema di Interscambio (SDI).
Per evitare il rifiuto delle fatture, è essenziale seguire attentamente le istruzioni per la compilazione corretta del campo "Altri dati gestionali":

Natura IVA: Selezionare "N3.5 - Non imponibili – a seguito di dichiarazioni d’intento".

Tipo Dato: Inserire "INTENTO".

Riferimento Testo: Indicare il numero di protocollo della dichiarazione d'intento, composto da due parti:
La prima parte è formata da 17 cifre.
La seconda parte è costituita da 6 cifre progressive, separate dalla prima parte con un trattino "-" o una barra "/".
Esempio completo: "12347567901234567-000001".

Riferimento Data: Inserire la data della ricevuta telematica rilasciata dall'Agenzia delle Entrate per la dichiarazione d'intento.

Ecco le istruzioni per la compilazione del blocco 2.2.1.16:
2.2.1.16.1 <Tipo Dato>:
Inserire la dicitura "INTENTO".

2.2.1.16.2 <Riferimento Testo>:
Indicare il numero di protocollo della dichiarazione d'intento, composto da due parti:
Prima parte: 17 cifre (es. 12347567901234567).
Seconda parte: 6 cifre progressive, separate dalla prima parte con un trattino o una barra (es. 000001).
Esempio completo: 12347567901234567-000001.

2.2.1.16.4 <Riferimento Data>:
Inserire la data della ricevuta telematica rilasciata dall'Agenzia delle Entrate per la dichiarazione d'intento.

Compilando correttamente il blocco 2.2.1.16 e seguendo le istruzioni fornite, è possibile evitare lo scarto delle fatture elettroniche con dichiarazione d'intento e garantire la corretta emissione dei documenti fiscali.

Consigli:

1. Compilazione corretta del campo "Altri dati gestionali":
Indicare "Dichiarazione d'intento" all'inizio del campo.
Specificare numero e data della dichiarazione d'intento in modo chiaro e univoco.
Evitare di inserire altri dati nel campo.

2. Verifica della validità della dichiarazione d'intento:
Utilizzare il servizio dell'Agenzia delle Entrate per verificare la validità della dichiarazione prima di inviare la fattura al SDI.

3. Conformità della dichiarazione d'intento:
Assicurarsi che la dichiarazione d'intento sia conforme alle specifiche tecniche dell'Agenzia delle Entrate.
Numero e data della dichiarazione d'intento devono corrispondere a quelli della dichiarazione presentata all'Agenzia delle Entrate.

4. Controlli aggiuntivi:
Verificare la coerenza tra imponibile, aliquota IVA e importo IVA.
Assicurarsi che la Partita IVA e il Codice Fiscale di fornitore e cliente siano presenti nell'anagrafe tributaria.
Inserire il Codice Destinatario o la PEC per la ricezione della fattura elettronica.

In caso di fattura scartata:
Identificare l'errore che ha causato lo scarto.
Correggere l'errore nella fattura.
Inviare nuovamente la fattura al SDI.

 

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Titolo: Fashion influencer: le spese per l’abbigliamento sono deducibili  
Fonte: CTR Lombardia, sentenza n. 468 del 2024  
Argomento: Deducibilità delle spese per l'abbigliamento sostenute dai fashion influencer 

Fattispecie:
Una giornalista e fashion influencer contesta l'irrogazione di imposte su alcune spese professionali, tra cui quelle per l'acquisto di capi d'abbigliamento.
L'Agenzia delle Entrate e i giudici di primo grado considerano le spese non inerenti all'attività professionale svolta dalla contribuente.

Ratio decidendi:
Il vestiario costituisce "parte integrante del personaggio e dell'immagine" di un fashion influencer.
L'acquisto di capi d'abbigliamento di vario tipo e genere è strettamente collegato alla professione di influencer.

Massima:
Le spese per l'abbigliamento sostenute da un fashion influencer sono deducibili al 50%, in quanto considerate promiscue e inerenti all'attività professionale svolta.

Obiter dictum:
La sentenza n. 219 del 15 maggio 2023 della CTR Piemonte per il caso "Cristiano Ronaldo" accende una luce sul mondo degli influencer e sul loro sfruttamento del diritto di immagine.

Titolo: Abiti deducibili dai collaboratori se l’azienda impone un «dress code»
Fonte: CTP Milano, sentenza n. 6443/40/16 del 22 luglio 2016
Argomento: Deducibilità delle spese per l'abbigliamento e l'arredamento sostenute da un professionista con partita IVA
Fattispecie:
Belen Rodriguez, showgirl con partita IVA, ricorre contro un avviso di accertamento che le contesta la deducibilità di alcune spese, tra cui quelle per l'abbigliamento e l'arredamento.
La showgirl sostiene che tali spese sono deducibili in quanto inerenti all'attività professionale svolta.

Questione:
In quali casi le spese per l'abbigliamento e l'arredamento sono deducibili per un professionista con partita IVA?

Risposta:
Le spese per l'abbigliamento sono deducibili al 50% se:
Sono previsti da un contratto di collaborazione che impone un dress code.
Sono sostenute per l'acquisto di abiti utilizzati per l'attività professionale (ad esempio, toga per avvocato).
Sono sostenute per l'acquisto di abiti utilizzati promiscuamente per l'attività professionale e la vita privata, ma in modo non sproporzionato rispetto ai ricavi conseguiti.
Le spese per l'arredamento sono deducibili al 50% se:
L'arredamento è utilizzato promiscuamente per l'attività professionale e la vita privata.
Il costo dell'arredamento non è sproporzionato rispetto ai ricavi conseguiti.

Ratio decidendi:
Il principio di inerenza sancisce la deducibilità di un costo solo quando tale costo è funzionale e strettamente collegato all'attività produttiva.
Esistono alcune deroghe a tale principio, come ad esempio la deducibilità al 75% delle spese per vitto e alloggio.
La clausola del dress code nel contratto di collaborazione è un elemento che può far presumere l'inerenza delle spese per l'abbigliamento.

 

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L’obbligo fiscale della tenuta della scritture ausiliare di magazzino scatta per tutte le aziende in contabilità ordinaria che superino congiuntamente alcuni requisiti in termini di ricavi e di rimanenze.
 
Limiti dimensionali
L’articolo 1 del D.P.R. n. 695 del 9 dicembre 1996 ha previsto che la contabilità di magazzino deve essere tenuta a partire dal secondo periodo d’imposta successivo a quello in cui per la seconda volta consecutivamente e congiuntamente:
 
  • l’ammontare dei ricavi (di cui agli artt. 57 ed 85 del TUIR) sia superiore ad Euro 5.164.568,99, e

  • il valore complessivo delle rimanenze finali sia superiore ad Euro 1.032.913,80.

L'obbligo della contabilità di magazzino cessa a partire dal primo periodo di imposta successivo a quello in cui, per la seconda volta consecutiva, l'ammontare dei ricavi e il valore delle rimanenze finali, risultano inferiori ai sopraccitati limiti.

Ai fini del riconoscimento del credito d'imposta formazione 4.0 (e Ricerca e Sviluppo) e per poter iniziare la compensazione dello stesso, l'effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall'impresa devono risultare da apposita certificazione rilasciata dal soggetto incaricato della revisione legale dei conti. Per le imprese non obbligate per legge alla revisione legale dei conti, la certificazione è rilasciata da un revisore legale dei conti o da una società di revisione legale dei conti, iscritti nella sezione A del registro di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39. Nell'assunzione di tale incarico, il revisore legale dei conti o la società di revisione legale dei conti osservano i princìpi di indipendenza elaborati ai sensi dell'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 39 del 2010.

A fronte del sostenimento della spesa per l’attività di certificazione contabile, esclusivamente le imprese non soggette alla revisione legale dei conti, maturano un credito di imposta di importo non superiore al minore tra il costo effettivamente sostenuto e 5.000 euro. In buona sostanza, per le aziende non soggette alla revisione obbligatoria, qualora l’onorario del revisore non sia superiore a 5.000 euro, la certificazione è a “costo zero”.

La circolare AdE n. 13/E del 27 aprile 2017, al paragrafo 4.6, precisa che il credito d’imposta conseguente alle spese di certificazione è fruibile dal giorno successivo al completamento dell’attività del certificatore, che avviene naturalmente l’anno successivo al sostenimento delle spese ammesse, quindi di maturazione del credito fiscale. Ciò nonostante, nel modello F24 quale anno di riferimento va indicato quello del credito di imposta “principale” ed andrà indicato nel quadro RU della dichiarazione dei redditi del periodo di maturazione del bonus al quale la certificazione attiene.

Il MISE con la circolare 15 febbraio 2019, n. 38584 ha opportunamente precisato “che in sede di rilascio della certificazione della documentazione contabile non è richiesta al soggetto incaricato della revisione legale dei conti (ovvero, nel caso di imprese non tenute al controllo legale dei conti, al soggetto qualificato cui viene richiesta la certificazione) alcuna valutazione di carattere tecnico in ordine all’ammissibilità al credito d’imposta delle attività di ricerca e sviluppo svolte dall’impresa”.

L’Agenzia delle Entrate, circolare n. 8/E del 10 aprile 2019, al paragrafo 3.1, ha richiamato la citata prassi del MISE, ha puntualizzato che il revisore deve accertarsi della regolarità formale dei documenti e dei contratti rilevanti ai fini della determinazione del credito di imposta e che nello svolgimento di tale attività non può affidarsi alle tecniche di campionamento, bensì deve procedere al controllo totale della documentazione.

NO CERTIFICAZIONE NO COMPENSAZIONE ! 

 

SI ESEGUONO ANCHE REVISIONE CONTABILI VOLONTARIE DEI FASCICOLI CREDITO IMPOSTA FORMAZIONE 4.0

Tax credit energia imprese non energivore.  Per contenere gli effetti degli incrementi dei prezzi del gas e dell’energia e per contrastare gli effetti economici, dall'anno 2022 sono state emanati diversi “aiuti” sotto forma di crediti d’imposta.

-Codice tributo 6970 denominato “credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (terzo trimestre 2022 - 15%), utilizzabile in compensazione fino al 30/09/2023.

-Codice tributo 6985 credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (ottobre e novembre 2022 -30%) – art. 1, c. 3, del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144 (risoluzione n. 54 del 30.09.2022), utilizzabile in compensazione fino al 30/09/2023.

-Codice tributo 6995 Credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (dicembre 2022 - 30%) – art. 1, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176 (risoluzione n. 72 del 12.12.2022), utilizzabile in compensazione fino al 30/09/2023.

-Codice tributo 7011 denominato ‘credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (primo trimestre 2023 - 35%)’ risoluzione n. 8/E, utilizzabile in compensazione fino al 31/12/2023.

-Credito di imposta del 10% esteso anche al secondo trimestre 2023.

 

I crediti energetici (energia e gas naturale), introdotti a favore delle imprese per fronteggiare la crisi energetica, vanno indicati nel quadro RU della dichiarazione dei redditi.

L'importo non concorre alla formazione del reddito ai fini Irpef/Ires, Irap.

L’ agevolazione è esclusa dal regime de minimis.

I crediti d’imposta sono cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.

Le imprese beneficiarie dei crediti d’imposta dovranno comunicare all’Agenzia delle Entrate - entro il 16 marzo 2023 - l’importo del credito maturato nel 2022, a pena di decadenza del diritto alla fruizione del beneficio. La mancanza di tax credit energia residuo da compensare fa venire meno dell’obbligo di effettuare la comunicazione telematica. La situazione deve essere verificata alla data del 16 marzo, anche in coincidenza di tale data. 

 

Il credito d’imposta dovrà essere indicato nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, con i seguenti codici credito:
O7: secondo trimestre 2022;
P5: terzo trimestre 2022;
Q4: ottobre e novembre 2022;
R1: dicembre 2022.

 

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Definizione agevolata degli avvisi bonari art. 1 commi da 153 a 159 Legge Bilancio 2023

Codice tributo 7014 credito imposta acquisto carburante agricolo primo trimestre 2023

 

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