Il Centro Studi Confindustria, con la Nota n. 17-01 pubblicata il 23 gennaio 2017, ha evidenziato un nuovo trend del mercato del lavoro registrato da inizio 2014 fino a metà 2016. Per la prima volta dal 2007, infatti, tutti gli indicatori dell’occupazione hanno mostrato segno positivo; sia le unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (ULA - relative al lavoro prestato ad un occupato a tempo pieno, oppure alla quantità di lavoro equivalente prestata da lavoratori a tempo parziale, al netto della cassa integrazione guadagni) salite di 2,4 punti percentuali dall’ultimo quarto 2013 all’estate 2016, che il monte ore effettivamente lavorate (+2,9%) sia - infine, il numero di persone occupate (+2,3%).

Tale andamento appare molto importante perché rappresenta una forte discontinuità rispetto alla ripresa dell’attività verificatasi all’indomani della recessione 2007-2009. In tal caso l’uscita dalla recessione ha portato con sé soltanto un aumento delle ore complessivamente lavorate senza incidere positivamente sul numero di persone occupate.
Questo meccanismo è figlio della strategia di conservazione - o sarebbe meglio dire sopravvivenza - delle aziende nel periodo di recessione.
Le imprese, infatti, oltre a tagliare gli organici hanno diminuito le ore lavorate attraverso differenti comportamenti: chi decurtando gli straordinari, chi riducendo temporaneamente l’orario di lavoro e sfruttando la CIG (Cassa Integrazione Guadagni). La strategia adottata tra il 2007 ed il 2009 ha quindi nutrito il bacino di sottoutilizzo degli occupati in termine di ore lavorate procapite. Bacino che, una volta riconquistato l’incremento dell’attività economica, ha assorbito quasi interamente la nuova domanda di lavoro, senza condizionare il numero complessivo degli occupati.

 
L’inversione di tendenza osservata dopo l’ultima recessione 2011-2013 non aumento però l’ottimismo degli analisti di Confindustria, i quali non tralasciano di indicare le criticità ancora presenti.
In primo luogo, nonostante il ricorso alla CIG sia progressivamente diminuito da autunno 2012, le ore lavorate procapite sono ancora molto basse in confronto ai valori pre-crisi. Ciò lascia presagire che i segnali positivi siano solo temporanei: nel terzo trimestre 2016 in Italia ogni occupato ha lavorato mediamente 1,5 ore in meno a settimana rispetto a fine 2007.
In secondo luogo, è solo grazie all’introduzione nei primi mesi del 2015 della decontribuzione temporanea sulle assunzioni a tempo indeterminato (da gennaio con la Legge di stabilità 2015) e del Contratto a Tutele Crescenti (CTC), entrato in vigore il 7 marzo 2015 con il Decreto legislativo n. 23/2015, attuativo del cosiddetto Jobs Act (l. n. 183/2014), che l’occupazione è stata trainata dai contratti a tempo indeterminato.
Vale quindi la pena ricordare che per quanto concerne gli sgravi contributivi, l’esonero dal versamento dei complessivi contributi previdenziali è previsto soltanto per un massimo di 36 mesi per un importo pari a 8.060 euro su base annua.
Infine, l’aumento dell’occupazione registrato dal 2014 riguarda quasi esclusivamente il comparto dei servizi privati, con un microscopico guadagno occupazionale nell’industria in senso stretto, dove mancano 715mila occupati rispetto al pre-crisi. Stabili o ancora in perdita di occupati gli altri settori, con l’ormai cronica emorragia di lavoratori nelle costruzioni che ha superato il mezzo milioni di unità.
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 06/04/2017