Tutte le norme attributive dei poteri di necessità richiedono presupposti quali: la sussistenza di un’oggettiva necessità e la conseguente assenza di mezzi espressamente predisposti per farvi fronte; la proporzionalità delle disposizioni impiegate rispetto al fine; la previsione che il diritto eccezionale sia contenuto allo stato di eccezione e non trasformarsi in diritto ordinario o normale.

Quindi, le norme in questione istituiscono con le altre norme un rapporto di deroga o di sostituzione, creando un potere innominato necessario nell’ipotesi in cui il potere nominato non si attagli alla fattispecie concreta sotto il profilo del contenuto. Il fondamento del carattere derogatorio del potere d’emergenza deve essere cercato sia nella norma che prevede il potere (sia pure in modo generico) sia nella finalità d’interesse pubblico che la norma intende salvaguardare nelle situazioni di pericolo.
Solo così è possibile giustificare le deroghe alla tutela dei diritti e delle libertà, nonché alle previsioni di forma e procedura, che possono concretizzarsi in forme invasive.

Alla luce di ciò, il lungo percorso di inquadramento normativo delle leggi attributive di poteri di ordinanza ha vissuto una fase particolarmente delicata all’indomani del 1° gennaio 1948, data di entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana.
La Costituzione, infatti, nei suoi principi fondamentali, ha realizzato una risoluta soluzione di continuità con il passato, per mezzo di un'immissione di importanti principi
come la rigidità costituzionale; il riconoscimento e la garanzia dei diritti fondamentali; l'esteso richiamo – nella materia della gestione delle situazioni d'urgenza – alle riserve di legge; la tipicità e la tassatività delle fonti primarie di produzione del diritto; la ripartizione del potere legislativo tra Parlamento e Governo, secondo il principio di supremazia del primo sul secondo; la tipizzazione degli atti del Governo con forza di legge e la relativa previsione – per tali atti – di limiti costituzionali rigorosi e giustiziabili (Vedi artt. 76 e 77 Cost.); il riconoscimento del principio di separazione tra legislazione e amministrazione (legis-latio e legis-executio), nonchè del principio di legalità dell’amministrazione anche in funzione di limite per lo stesso legislatore (art. 97 Cost.); l'inserimento del controllo di costituzionalità degli atti legislativi (art. 134 Cost.). La rigidità della struttura della neonata carta costituzionale rappresenta un fondamentale elemento di novità per la riflessione dottrinale circa l’ammissibilità del permanere nell’ordinamento nazionale delle ordinanze contingibili.
Con l’introduzione dei nuovi principi richiamati, infatti, sembra diminuire lo “spazio di manovra” per l’uso legale dei provvedimenti extra ordinem, a maggior ragione se si considera il riconoscimento dei diritti di libertà come barriera insormontabile, operato dall’articolo 13 della stessa Costituzione.

La scienza giuridica ha comunque favorito la legittimità di tali ordinanze, in particolare attraverso le autorevoli parole del Giannini, il quale ha sostenuto che i provvedimenti emergenziali «sono provvedimenti amministrativi che, in quanto previsti dalle norme, stanno nel principio di legalità» (GIANNINI M.S., “Diritto amministrativo”), nonostante esprimano un’eccezione rispetto alla regola della tipicità. Lo stesso Autore ha quindi precisato che il potere di ordinanza è «potestà di creare provvedimenti atipici al di fuori della previsione normativa e, pertanto, sotto tale profilo, necessariamente derogatori, senza tuttavia che ciò possa significare che il titolare […] abbia un’assoluta libertà di scelta».
Concetto di generale indeterminabilità dell’oggetto del provvedimento ripreso – e a sua volta negato – da Cavallo Perin R. (“Potere di ordinanza e principio di legalità”), il quale ha argomentato che le disposizioni attributive del potere di ordinanza di necessità e urgenza, pur essendo prive della determinazione di ciò che le autorità amministrative possono imporre ai soggetti dell’ordinamento in presenza del presupposto dell’urgente necessità, concedono comunque alla stessa Pubblica Amministrazione di intervenire entro specifici limiti di materia (ad esempio, sanità pubblica ed igiene) o in vista di determinati fini da perseguire (come ordine pubblico, sicurezza pubblica, incolumità pubblica, ecc…).
Secondo Rescigno G.U., infine, l'aspetto distintivo delle ordinanze menzionate risulterebbe proprio dalla circostanza che il loro contenuto sia di volta in volta specificato dall’ordinanza stessa, ma pur sempre nella sfera della materia nell'ipotesi indicata dalla norma attributiva e in vista dell’interesse pubblico da realizzare (RESCIGNO G.U., “Ordinanza e provvedimenti di necessità e di urgenza”).

Per affrontare il delicato tema dell’armonizzazione delle ordinanze con il quadro costituzionale repubblicano, dottrina e giurisprudenza si sono adoperate per categorizzare i provvedimenti d’emergenza sulla base di specifici criteri di classificazione, riconoscendone talune sottocategorie. I parametri di suddivisione sono principalmente tre, legati, rispettivamente, al carattere generale o speciale; al contenuto libero o vincolato ed infine al livello delle disposizioni passibili di sospensione o deroga provvisoria.
Nel caso del carattere delle ordinanze, si fa riferimento alla predeterminazione o meno dei presupposti legittimanti che la legge che imputa la competenza prescrive per l’impiego delle ordinanze e, quindi, ai beni e ai fini che esse garantiscono o si prefiggono. In ossequio a tale criterio, si possono contraddistinguere ordinanza generali, in grado di affrontare eventi emergenziali innominati, ed ordinanze speciali, previste per emergenze tipiche.
Il secondo parametro, invece, considera il livello di preordinazione del contenuto da parte delle stessa norma attributiva e individua ordinanze a contenuto vincolato – dove la legge specifica, più o meno al dettaglio, le misure emergenziali adottabili – e ordinanze a contenuto libero, dove non c’è un presupposto definito ed il contenuto viene in concreto generato dal soggetto titolare del potere straordinario.
Infine, secondo il terzo criterio – ovvero il livello delle disposizioni passibili di sospensione o deroga provvisoria – si discernono i provvedimenti che si attengono al principio gerarchico di preferenza della legge (ordinanze amministrative in senso stretto) da quelli che provvedono in deroga ad ogni disposizione vigente (ordinanze c.d. contra legem).

Le norme attributive di poteri in grado di emanare atti di carattere generale a contenuto libero che derogano alla legge – di cui per giunta si hanno molti esempi nel nostro ordinamento (ad esempio: articolo 2 del Regio Decreto 18 giugno 1931, n. 773; articolo 32 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833; articolo 8 della Legge 3 marzo 1987, n. 59) – appaiono sicuramente i più distanti dal testo costituzionale, anche se, tuttavia, per tutte le tipologie di ordinanze sono stati imposti dalla scienza giuridica, nel corso del tempo, limiti e garanzie che ne circoscrivono l’ammissibilità nell’ordinamento giuridico. Se pure l’emergenza, infatti, consente all’amministrazione di derogare le regole che sovrintendono al suo funzionamento e alla sua organizzazione, al potere che ne deriva si accompagnano importanti vincoli.
 
In primis, la qualificazione delle ordinanze conseguenti a situazioni di emergenza come una specie del genere delle attività dell’amministrazione ammette l'opportunità di contestare, in sede giurisdizionale, i vizi di legittimità del provvedimento d'emergenza nelle tradizionali tipologie di incompetenza, di eccesso di potere e di violazione di legge.
Si tratta di controlli che operano a posteriori, cioè dopo il verificarsi degli eventi e possono avere un effetto ripristinatorio o risarcitorio che rappresenta pur sempre un palliativo di fronte a eventuali comportamenti illegittimi o illegali. Oltre alle garanzie giurisdizionali, operano i controlli amministrativi, di natura preventiva, successiva o sostitutiva. Anche questi, però, agiscono prevalentemente dopo il verificarsi degli eventi poiché è difficile ipotizzare controlli ex ante sull’adeguatezza dell’organizzazione se non sulla base di simulazioni che restano però ancorate a modelli teorici e non sono in grado di rappresentare le azioni e le reazioni umane nei casi di vera emergenza.
In secondo luogo, interviene un limite "legale". Premesso, infatti, che il fondamento del potere d’emergenza non deve necessariamente essere cercato in una specifica norma perché tale potere è insito nel più generale potere attribuito all’amministrazione per la cura di un interesse pubblico e opera come continuazione del potere amministrativo ordinario, l’operato del soggetto pubblico deve comunque rimanere ancorato al rispetto dei precetti costituzionali, dei principi generali dell’ordinamento e delle riserve di legge – assolute e relative – assicurate dalla Costituzione, a prescindere da qualsiasi situazione di emergenza alla quale la Pubblica Amministrazione debba far fronte e dal relativo potere ad essa consegnato per risolvere la situazione di pericolo in atto. In particolare, è ritenuta preclusa ogni possibilità di intervento del potere di ordinanza che «pretenda di porre limiti ai diritti la cui definizione è riservata, in via esclusiva, alla legge – ipotesi in cui, cioè, sia prevista una riserva assoluta di legge – e, a fortiori, con riferimento ai casi in cui la norma costituzionale contempli una delimitazione del contenuto della legge stessa (c.d. riserve rinforzate)» (Così CAVALLO PERIN R., "Potere di ordinanza e principio di legalità”).

Inconciliabile con il disposto costituzionale che prescrive riserve relative è, invece, l’assegnazione di una “discrezionalità” priva di un chiaro vincolo all’operato della Pubblica Amministrazione, così da mostrare ciò che è stato qualificato come un vero e proprio arbitrio. La medesima Corte costituzionale ha, pertanto, patrocinato, nei numerosi interventi in materia, l'esigenza che ciascun riconoscimento di capacità al soggetto pubblico interessato sia associato ad appropriati limiti d’esercizio, centrando l’interesse riguardo a quello che della materia dell’atto debba essere previsto dalla legge, ai fini del rispetto del principio di legalità.
Tale principio afferma che l'amministrazione pubblica e la giurisdizione non hanno altri poteri se non quelli conferiti dalla legge; ci si riferisce, in particolare, al cosiddetto principio di legalità formale. Mentre secondo il principio di
legalità sostanziale, amministrazione e giurisdizione devono esercitare i loro poteri in conformità con i contenuti prescritti dalla legge. L'amministrazione è tenuta non solo a perseguire i fini determinati dalla legge (legalità-indirizzo), ma anche a operare in conformità alle disposizioni normative stesse (legalità-garanzia).
Il principio di legalità, infatti, in uniformità alle riserve di legge, richiede che gli elementi essenziali del potere siano distintamente predeterminati – in via generale e astratta – in espressioni di legge.
L’uso del potere di emergenza, in conclusione, non comporta uno strappo della legalità poiché deve esercitarsi nel rispetto dei diritti costituzionalmente garantiti, delle riserve assolute di legge e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.

Nei casi in cui l’amministrazione dovesse eccedere dal rispetto di tali limiti saremmo di fronte ad una patologia che potrà essere affrontata con i mezzi e gli strumenti posti a tutela delle persone. Gli articolo 24 e 113 della Costituzione sulla tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi contro gli atti della pubblica amministrazione, così come l’articolo 28 sulla responsabilità dei dipendenti delle amministrazioni non sono limitati e limitabili, ma rappresentano una garanzia anche nelle situazioni eccezionali, così come non sono limitabili i diritti dei terzi o dei contro-interessati.

Un ulteriore parametro attraverso il quale può essere vagliata la legittimità dell’esercizio del potere di ordinanza è quello della proporzionalità-adeguatezza, desumibile dal principio di eguaglianza.
Quello di eguaglianza è un concetto universalmente adottabile per la programmazione delle decisioni pubbliche, utilizzato con il proposito di calibrare i contenuti dei poteri in deroga, grazie ad una valutazione ex post della condotta amministrativa in fase di necessità. In altre parole, l'applicazione del principio di adeguatezza ha il difficile compito di dare origine ad un ragionevole ed attento equilibrio tra azione amministrativa e circostanze da regolamentare, perchè l’interesse pubblico sia perseguito con il minor aggravio possibile per i privati cittadini.
Nell’esercizio del potere di ordinanza, in sintesi, la Pubblica Amministrazione deve attenersi alla regola della proporzionalità, ossia «deve scegliere il contenuto di esercizio del potere che sappia realizzare il minor sacrificio possibile degli interessi […] del destinatario verso il quale si esplicano gli effetti sfavorevoli, con il vantaggio strettamente necessario al soggetto verso il quale si vuole che si realizzino effetti favorevoli».

Sempre sul tema del limiti derivanti dai principi sull’attività amministrativa, ha avuto grande impatto il principio di precauzione. Si tratta di un assioma generale dell’ordinamento, che opera come supporto tecnico e scientifico per l’amministrazione.
Grazie al principio di precauzione la prevenzione può essere considerata come una funzione ordinaria delle amministrazioni.
Il principio di precauzione, infatti, qualificato dalla giurisprudenza europea come principio generale del diritto comunitario trova anche un ancoraggio costituzionale nelle disposizioni relative alla tutela della salute, della sicurezza delle persone e, naturalmente, dell’ambiente. Il suo principale scopo è quello di fornire parametri di giudizio nei contesti in cui prevale l’incertezza, considerati la necessità e l’obbligo dell’amministrazione di arrivare comunque ad una decisione.
In altri termini, la valutazione della legittimità dell’azione amministrativa avviene alla luce di criteri di legalità che tengano conto di nuovi interessi giuridicamente rilevanti.

 
Che la prevenzione operi come funzione guida lo si deduce anche dalla nuova considerazione dell’elemento dell’incertezza. Una delle caratteristiche delle situazioni d’emergenza è la loro imprevedibilità, quanto meno sul piano temporale; possono essere, invece, oggetto di pianificazione i rischi e le modalità di intervento nelle fasi di emergenza e, anzi, nella logica della prevenzione e della riduzione degli effetti negativi la funzione di pianificazione svolge un ruolo centrale.
Quando la prevenzione non riesce a scongiurare gli eventi calamitosi l’amministrazione ha gli strumenti appropriati per agire: sembra che l’ordinanza di necessità ed urgenza tenda ad imporsi come atto tipico per le situazioni emergenziali.
Tali provvedimenti consentono deroghe anche significative alla normale attività dell’amministrazione e alle consuete garanzie dei cittadini, ma non rappresentano un rischio di degenerazione dell’ordinamento. Sia le norme sia la giurisprudenza ne hanno circoscritto l’uso e hanno riconosciuto la non derogabilità dei principi costituzionali, di quelli europei e dei principi generali dell’ordinamento. Ulteriori garanzie connesse con l’attività amministrativa derivano dal ruolo svolto dall’informazione e dalla comunicazione che rappresentano funzioni strategiche tanto nella prevenzione, quanto nella gestione delle emergenze. Una buona informazione sui rischi e sui comportamenti da tenere in caso d’emergenza, oltre a ridurre gli impatti negativi degli eventi, è coerente con il principio di trasparenza dell’azione amministrativa.

Altro strumento sul quale dottrina e giurisprudenza hanno fortemente premuto per circoscrivere i confini del potere di ordinanza extra ordinem è rappresentato dalla sussistenza dei requisiti di “contingibilità ed urgenza”, ovvero all’attualità di uno stato di pericolo che deve essere immediatamente eliminato. Attualità che, quindi, rende l’emergenza improrogabile, posta ovviamente l’inadeguatezza degli ordinari mezzi previsti dall'ordinamento per provvedere al ripristino della situazione ante evento. Per quanto concerne la contingibilità, essa richiama il verificarsi di un accadimento «di natura eccezionale, accidentale, eventuale, straordinario, inconsueto, tale, quindi, da non poter essere in alcun modo previsto».
Di conseguenza, la stessa ordinanza contingibile ed urgente che si adotta sulla premessa di una indifferibile necessità avrà carattere transitorio ed effetti destinati a trovare applicazione solo in via temporanea ed eccezionale, poiché, all’esaurirsi della pericolosità del fatto, la sua esistenza non avrà più ragione di perdurare, non potendosi regolamentare, in via permanente, situazioni contingenti e, al contrario, dovendo far riferimento a norme già presenti nell’ordinamento qualora si verifichino fatti prevedibili e duraturi nel tempo.

Dal riconoscimento dei limiti sopra richiamati posti all’esercizio del potere di ordinanza extra ordinem si può dedurre come, nel corrente quadro costituzionale, la priorità sia rappresentata «anzichè dalla salvezza dello Stato, inteso come una qualsiasi organizzazione della sovranità, dalla salvezza della Costituzione, intesa come un particolare tipo di organizzazione della sovranità in cui si materializza il patto sociale tra forze politicamente e socialmente eterogenee». Nel contesto emergenziale, quindi, la questione della continuità costituzionale si presenta come un tema nevralgico nell'utilizzo di ordinanze in deroga alle disposizioni vigenti, al fine di respingere il verificarsi – seppur in situazioni limite – sovvertimenti del sistema delle fonti e quindi della forma di governo.

Un’ultima serie di garanzie possono definirsi “organizzative”, in quanto scaturenti dalle moderne forme organizzative attraverso cui si esprime il potere di emergenza. Il riferimento è al Servizio nazionale della protezione civile che, oltre a dare un assetto definitivo e coerente alla materia, ha creato un nuovo modello organizzativo basato sul presupposto che l’attività amministrativa possa in situazioni eccezionali aver bisogno di una forma organizzativa anch’essa eccezionale.
Anche se la protezione civile nasce per affrontare emergenze di tipo ambientale e naturale, negli anni più recenti il suo ambito di intervento si è notevolmente ampliato non solo alla gestione dei grandi eventi, ma a situazioni che sono palesemente il frutto di disfunzioni amministrative. Tranne che per le emergenze economico-finanziarie e per quelle che riguardano l’ordine e la sicurezza pubblica o la repressione dei reati, la protezione civile sembra essere un’amministrazione destinata ad operare ogniqualvolta se ne ravvisi l’opportunità.

La forma organizzativa del Servizio nazionale della protezione civile è sia quella della rete che opera nelle situazioni ordinarie – rete intesa come luogo in cui le amministrazioni internazionali, europee, centrali, periferiche, regionali e locali, oltre ai soggetti privati, ciascuno mantenendo le proprie competenze primarie, cooperano per il migliore conseguimento di un obiettivo comune – sia nella struttura piramidale che si sostituisce a quella a rete quando la dimensione dell’emergenza è tale da non poter essere affrontata dalla singola amministrazione (pur dotata di poteri amministrativi d’urgenza). In questo caso, infatti, si spezza il normale assetto delle competenze e si trasforma l’organizzazione in un sistema caratterizzato da un forte accentramento di poteri in mano alla protezione civile, la quale si affianca o addirittura si sostituisce al soggetto pubblico. Anche se il momento dell’emergenza richiede un modello organizzativo accentrato e gerarchico, l’esistenza di una rete sottostante consente comunque una partecipazione che garantisce la pluralità degli interessi in gioco.
Particolarmente controversa, in questa configurazione verticistica, è l’ingerenza politica poiché, nonostante l’intervento dell’amministrazione si concretizzi in atti di natura tecnica e materiale, le decisioni sui tempi ed i modi dell’intervento sono prese da organi di natura politica (ovvero Presidente del Consiglio, della regione, dal sindaco, a seconda dell’espansione territoriale dell’evento dannoso) e non amministrativa. Così come politici sono gli atti di nomina dei responsabili delle strutture ordinarie (di protezione civile) e straordinarie (i commissari).
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 30/11/2016 - Serie di articoli dedicati all’emergenza nei contratti pubblici