Osservando i risultati elaborati dal Centro Studi Confindustria relativi alle variazioni percentuali cumulate del PIL dell’Eurozona su dati Eurostat ci si può facilmente rendere conto della situazione a dir poco precaria dell’economia italiana. In base alle previsioni, infatti, i livelli di PIL nell’area euro saranno mediamente saliti rispetto a quelli di inizio millennio del 18,9% nel 2017, ma l’incremento italiano tra il 2000 ed il 2017 sarà solamente di 0,7 punti percentuali.
In altre parole, mentre i paesi dell’Europa dell’euro registrano nonostante la crisi una crescita media del PIL di quasi il venti per cento dal Duemila al prossimo anno, l’Italia ne rappresenta una allarmante eccezione non riuscendo a raggiungere l’1%. In più, restringendo le proiezioni alle sole Germania, Spagna e Francia il confronto è impietoso visto che per queste economie è previsto un incremento del PIL nel periodo 2000-2017 pari rispettivamente al 22,1%, 30,3% e 21,1%.

 
Alla luce di quanto esposto finora, gli analisti di Confindustria parlano esplicitamente di “quindicennio perduto” nel report Scenari Economici n. 27 (settembre 2016) e richiamano la necessità di varare misure in grado di riportare il PIL italiano su ritmi di crescita più sostenuti.
La performance del sistema economico italiano risulta particolarmente compromessa dalla continua perdita di capacità produttiva.
Anche qui il differenziale con le economie concorrenti è importate. Sempre considerando le previsioni per il periodo 2000-2017, l’andamento della produttività tedesca segna un +10,9%, di quella francese +12,6% e +17,4% per l’economia spagnola; contro il +0,2% dell’Italia.
L’effetto negativo di tale gap ha un riverbero anche - e soprattutto - sulle potenzialità di crescita nel medio-lungo periodo.
Non soltanto la crescita del PIL italiano viene stimata a +0,7% nel 2016 e +0,5% nel 2017, ma - secondo il documento citato - la crescita del PIL potenziale ne risulta ulteriormente rallentata.
Il PIL potenziale, infatti, per definizione misura il livello di attività che un sistema economico può raggiungere nel medio-lungo termine nel caso utilizzi appieno tutti i fattori di produzione disponibili, senza creare pressioni sui prezzi e la sua crescita - già bassa prima della crisi - è stata ridimensionata dalle due recessioni che hanno colpito l’Italia portandone la dinamica in territorio negativo tra il 2008 e il 2015.

 
Ad oggi, quindi, il Sistema Italia sta avanzando ad un ritmo estremamente più lento rispetto ai partner (e competitor) europei e poco o nulla lascia presagire un cambio di rotta deciso e determinante nei prossimi anni, salvo il “solito” miracolo all’italiana.
 
Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 21/9/2016