Già dagli ultimi giorni del 2014 i policy makers, nazionali ed internazionali, iniziarono a fare ripetuti riferimenti ad una ripresa economica globale e di lungo periodo.

Perciò mentre i centri di analisi più accreditati corroboravano la tesi della ripresa, molti operatori dell'economia reale iniziavano a dubitare della validità di tali previsioni, o perlomeno a mostrare perplessità sull'entusiasmo mostrato dai nostri amministratori.
A riprova di questa incertezza i dati ISTAT di aprile e maggio sul clima di fiducia di imprese e famiglie: dopo un primo trimestre 2015 caratterizzato da una costante crescita delle aspettative di incremento economico, i numeri del quarto e quinto mese hanno registrato variazioni percentuali negative consecutive.
 
I segnali sono, quindi, contrastanti e fare oggi una previsione su ciò che potrebbe accadere negli anni a venire al sistema economico (e sociale) comunitario appare un'equazione con troppe incognite.
Prima tra tutte, l'instabilità che ancora caratterizza l'eurozona.
Dietro lo spettro del default greco, si comincia infatti ad intravedere la ben più concreta possibilità di un'uscita della Grecia dell'euro.

 
Sul fronte interno, il perdurare delle difficoltà sul versante dei conti pubblici e il contesto altamente penalizzante in cui sono ancora costrette ad operare le imprese italiane, fanno sì che alla "ripresa statistica" difficilmente potrà seguire una concreta crescita economica, nonostante uno scenario favorevole alla ripresa.
 
E' proprio sul termine "ripresa" che va posta l'attenzione per capire quale sarà la situazione nel prossimo futuro.
E' essenziale, infatti, considerare il consistente passivo accumulato tra il 2007 ed il 2014 dai principali indicatori di ricchezza; in particolare si fa riferimento al -12,5% del PIL, al -14,1% del reddito disponibile ed all'inevitabile contrazione dei consumi delle famiglie (-11,3%).

 
Alla luce delle sopracitate informazioni, diviene fondamentale monitorare l'intensità della ripresa e l'impegno delle istituzioni nelle riforme strutturali e in una politica fiscale più performante per chi opera nel mercato.
Secondo una ricostruzione dell'Ufficio Studi Confcommercio (Vedi Bibliografia) - considerando costanti i tassi di crescita stimati per il 2015 - sarà necessario attendere il 2027 per il ripristino del valore procapite del PIL ante 2007 ed il 2032 per il reddito disponibile negli anni pre-crisi.
Non solo, lo stesso ente ha manifestato serie preoccupazioni per i nuovi livelli di povertà assoluta raggiunti (10% della popolazione italiana), considerati addirittura un effetto ormai irreversibile della recessione.
 
A questo punto, e mai come ora, è opportuno che le istituzioni si impegnino per creare un ambiente più sano per lo sviluppo delle aziende, unico vero motore dell'economia capitalista di mercato.
Per gli imprenditori italiani, infatti, il gap competitivo rispetto ai competitors internazionali è alimentato sia da una pressione fiscale ormai insostenibile, sia da un forte ritardo infrastrutturale e tecnologico. Non a caso nel 2014 il rapporto tra natalità e mortalità delle imprese nazionali ha registrato un saldo negativo di circa 70.000 unità. Passivo che, nonostante una sua attenuazione, è previsto anche per il 2015.
Si aggiungano, infine, gli squilibri territoriali che da sempre caratterizzano la nostra giovane repubblica e che non sembrano recedere in tempi di crisi.
 
Cosa accadrà quindi nei prossimi anni?
La debole ripresa riuscirà ad alimentarsi?
Ciò che risulta evidente è che non sarà possibile aggrapparsi a "ricette" del passato per superare una fase storica distinta da connotati inediti e moderni, dove si stanno sovrapponendo uan ricchezza virtuale ed una povertà sempre più reale.
La crisi sembra aver intaccato non soltanto il sistema economico, ma anche l'impianto culturale che per lunghi anni è stato la spina dorsale di un popolo - quello italiano - sempre in grado di sorprendere.
E' quindi necessario ritrovare il nostro genius loci, che possa finalmente ridare speranza e coraggio a tutti noi.

Articolo redatto dal Dott. Riccardo Cerulli - 29/06/2015
 
BIBLIOGRAFIA
  • NOTE ECONOMICHE - Ufficio Studi Confcommerio, 8/6/2015.