L’impatto fortissimo del web sulla società e sulla vita di ognuno è ormai innegabile. Nel corso degli anni, infatti, l’utilizzo di internet è divenuto sempre più massivo, influendo sulle scelte tanto sul piano lavorativo, quanto su quello del tempo libero.
Dal punto di vista economico, gli operatori del mercato naturalmente hanno da subito tentato di sfruttare le enormi potenzialità dello strumento multimediale, creando piattaforme online dedicate all’acquisto o alla vendita di beni e servizi, il cosiddetto e-commerce.
Da qui la nascita di numerosi website aziendali, costruiti per promuovere e vendere prodotti sul mercato globale. Si tratta di un processo in continua evoluzione, ma che ha già determinato un notevole cambiamento nelle modalità di consumo.

 
Prima tra tutte, la ricerca di dati su beni e servizi su internet.
Il consumatore, infatti, si è “educato” a reperire online informazioni circa i beni o servizi che possono interessare, caratterizzando il web come un “aggregatore di informazioni”, prima ancora di essere un mercato digitale. In questo senso, i dati raccolti da Eurostat e Commissione europea (vedi bibliografia, pag. 56) parlano chiaro: nel 2014 nella maggioranza dei paesi dell’area euro la percentuale di individui che cercano online informazioni su beni e servizi supera il 60%. Dato ancor più importante se si considera che nel 2003 - anno di inizio delle rilevazioni - erano pochi gli Stati europei dove tale percentuale era superiori al 40%.
Questa innovativa forma di raccolta di informazioni da parte del consumatore ha aperto la strada al commercio elettronico, il quale ha dovuto superare lo scoglio della diffidenza verso i pagamenti telematici, ad oggi sempre più garantiti dalla tecnologia della sicurezza digitale. Anche in questo caso, gli effetti dai primi anni del nuovo millennio sono evidenti: nell’area euro è mediamente raddoppiata la quota di persone che acquistano online ed i fatturati delle aziende sono sempre più composti da parti di vendite elettroniche ai consumatori finali e alle aziende.

 
Come già anticipato, l’avanzamento dell’e-commerce è un processo in itinere e, in particolare, nella Comunità europea sta incontrando principalmente due ordini di ostacoli.
In primo luogo, l’aspetto tecnico.
La copertura per internet ad alta velocità sul territorio comunitario risulta ancora disomogenea nonostante gli investimenti infrastrutturali operati dai paesi membri.
In secondo luogo, la struttura economica dei mercati nazionali rappresenta una barriera qualora composta da piccole e medie imprese, tendenzialmente portate a privilegiare le vendite offline.
Detto ciò, non è stato difficile per gli analisti di mercato riscontrare un contributo dell’e-commerce all’abbassamento dei prezzi e quindi anche dell’inflazione.
Per quanto concerne il primo aspetto - il calo dei prezzi - il commercio elettronico si è posto da subito come elemento di rottura rispetto ai canali distributivi classici. Grazie ai risparmi di costi ottenuti dalla differente logistica di distribuzione degli operatori e-commerce, questi ultimi hanno potuto operare il ribasso sul prezzo finale al consumatore.
Oltre ai minori costi, il mercato digitale ha creato numerosi nuovi players nel commercio di prodotti e servizi, portando così da subito la concorrenza a livelli più alti rispetto al passato.
Consolidatosi quindi il commercio elettronico, si è potuto osservare un effetto - che si potrebbe definire “indiretto” - sull’inflazione al consumo. In sintesi, gli istituti di statistica sono ancora alle prese con la definizione di una procedura di calcolo dei prezzi al consumo completa e armonizzata per cogliere anche l’andamento dei prezzi online. Nella compilazione dell’indice dei prezzi al consumo, infatti, l’inclusione di bei e servizi scambiati online ha un impatto sull’inflazione armonizzata nella misura in cui i prezzi di questi beni variano a tassi diversi rispetto a quelli dei beni e servizi scambiati offline.
I possibili effetti della crescita dell’e-commerce sull’inflazione si manterrebbero solo fino alla stabilizzazione della crescita dell’e-commerce in tutti i mercati, un processo che però potrebbe richiedere un lungo periodo di tempo.

 
E’ importante sottolineare che le stime finora accennate sono connotate da un’incertezza causata principalmente dalla ancora limitata disponibilità di dati.
Allo stato dell’arte, quindi, il mercato digitale, pur rappresentando una frazione minoritaria del volume di scambi commerciali ha già innescato importanti processi di cambiamento tanto nella produzione, quanto nei comportamenti di acquisto. E’ logico quindi aspettarsi un incremento più che proporzionale nei prossimi anni degli operatori e degli acquirenti “digitali” e di conseguenza del livello di scambi commerciali online.
Il mercato italiano, al netto delle multinazionali che operano a livello globale, sembra ancora una “terra di nessuno” dove nei prossimi tempi si incontreranno sempre maggiori quote di domanda e offerta. Una terra di insidie e al contempo di occasioni, che confidiamo il genio italico riuscirà a cogliere.
 
BIBLIOGRAFIA:
  • BOLLETTINO ECONOMICO BANCA CENTRALE EUROPEA n. 2/2015, pubblicato il 19/3/2015