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Per definire una KPI (Indicatori Chiave di Performance) efficace, puoi seguire questi passaggi:

Stabilisci gli obiettivi: Inizia identificando gli obiettivi chiave dell'azienda o del reparto specifico per cui vuoi definire le KPI. Gli obiettivi dovrebbero essere chiari, misurabili, raggiungibili, pertinenti e temporizzati (SMART).

Identifica le metriche: Una volta stabiliti gli obiettivi, identifica le metriche o i dati che possono essere misurati per valutare il raggiungimento di tali obiettivi. Le metriche dovrebbero essere quantificabili, rilevanti per gli obiettivi e basate su dati disponibili o che possono essere raccolti.

Seleziona le KPI: Dalla lista delle metriche identificate, seleziona le KPI più rilevanti ed essenziali per misurare il progresso verso gli obiettivi. Limita il numero di KPI per evitare di diluire l'attenzione e la responsabilità.

Definisci i criteri di misurazione: Per ogni KPI selezionata, definisci i criteri di misurazione, ovvero come saranno calcolate o determinate le KPI. Assicurati che i criteri siano chiari, oggettivi e facilmente comprensibili.

Stabilisci i target: Stabilisci i target o gli standard di riferimento per ciascuna KPI. I target dovrebbero essere realistici, sfidanti e allineati agli obiettivi dell'azienda. Possono essere basati su risultati storici, benchmark di settore o obiettivi strategici.

Assegna responsabilità: Assegna la responsabilità per il monitoraggio e il raggiungimento delle KPI a individui o team specifici. Chiaramente definisci chi è responsabile della raccolta dei dati, dell'analisi e del reporting delle KPI.

Monitora e valuta: Implementa un sistema per raccogliere, registrare e monitorare regolarmente le KPI. Valuta periodicamente le KPI per valutare il progresso, identificare eventuali scostamenti e adottare azioni correttive o di miglioramento.

Comunica e coinvolgi: Comunica le KPI e i risultati associati a tutti gli interessati, inclusi i membri del team, i dirigenti e gli stakeholder. Coinvolgi le persone interessate nella discussione e nella comprensione delle KPI, in modo che possano contribuire attivamente al raggiungimento degli obiettivi.

Rivedi e adatta: Valuta regolarmente l'efficacia delle KPI e apporta eventuali modifiche o adattamenti se necessario. Le KPI devono essere flessibili e in grado di adattarsi alle mutevoli esigenze e agli obiettivi dell'azienda.

Migliora continuamente: Il processo di definizione delle KPI è un processo continuo di apprendimento e miglioramento. Monitora l'efficacia delle KPI nel tempo e cerca costantemente di identificare nuove opportunità per misurare e valutare le prestazioni aziendali.

Seguendo questi passaggi, sarai in grado di definire KPI efficaci per misurare le prestazioni dell'azienda. Ricorda che le KPI devono essere allineate agli obiettivi strategici dell'azienda, essere basate su dati quantificabili, essere chiare e facilmente comprensibili, e coinvolgere le persone responsabili nella loro raccolta e monitoraggio. Inoltre, è importante adattare le KPI nel tempo per rispondere alle esigenze e ai cambiamenti dell'azienda. Mantieni un ciclo di monitoraggio, valutazione e miglioramento continuo per garantire che le KPI rimangano pertinenti e utili per il raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Articolo redatto da Francesco Cacchiarelli il 06-12-2016

 

I KPI (Key Performance Indicators) per la verifica della continuità aziendale

Produttività del lavoro indicatori KPI

KPI logistica

 

Il processo aziendale

Funzioni e processi aziendali

Il processo continuo aziendale

L'Automazione Robotica dei Processi (RPA) per le PMI

Come ridisegnare con successo un Processo Aziendale

Adeguati assetti processo di vigilanza approccio passo dopo passo

Il funzionamento di un'azienda: Processi, Struttura, Obiettivi e Gestione del Rischio

 

 

 

 

 

L’espressione “economia civile” compare per la prima volta nel lessico politico-economico nel 1753, anno in cui l’Università di Napoli istituisce la prima cattedra al mondo di economia, affidandone la titolarità ad Antonio Genovesi, la cui opera fondamentale del 1765 reca per titolo Lezioni di economia civile. Alcuni decenni dopo, nel 1776 Adam Smith in Scozia pubblicò la sua opera “La ricchezza delle nazioni” dove si trova  il distillato di un altro paradigma, quello dell’economia politica.

Una prima differenza tra i due paradgmi la troviamo già a livello etimologico: in “economia politica”, il termine greco pòlis si riferisce alla pòlis greca, un modello di città non inclusivo che tendeva a escludere donne, analfabeti e i più poveri. Al contrario, in “economia civile”, il termine latino civitas si riferisce alla civitas romana, modello di inclusione culturale. L’idea di base dell’economia civile è infatti che tutti, indistintamente, debbano poter partecipare all’attività economica, adeguando le condizioni alle capacità e alle possibilità di ogni attore che vi partecipi. Nel caso dell’economia politica, al contrario, l’attività economica è per i più “capaci”, ovvero i più produttivi.

L’Economia Civile è un’economia di mercato e in quanto tale si basa sui seguenti principi:
-concetto di divisione del lavoro, ovvero la specializzazione delle mansioni che ha come conseguenza la realizzazione di scambi endogeni (differenti da quelli “esogeni”, derivanti dall’esistenza di un sovrappiù) che, quindi, vanno ad aumentare la produttività del sistema in cui si inseriscono;
-concetto di sviluppo, che, da un lato, presuppone, rifacendosi ad una matrice culturale giudaico-cristiana, l’esistenza di solidarietà intergenerazionale, ovvero di interesse da parte della generazione presente nei confronti di quelle future, mentre, dall’altro, si lega a quello di accumulazione;
-concetto di libertà di impresa, secondo il quale chi è in possesso di doti imprenditoriali deve essere lasciato libero di iniziare un’attività. Per doti imprenditoriali si intendono: la propensione al rischio (ovvero l’impossibilità di avere garanzia dei risultati derivanti dall’attività imprenditoriale), l’innovatività o creatività (ovvero la capacità di aggiungere in maniera incrementale conoscenza al prodotto/processo produttivo), l’ars combinatoria (l’imprenditore, conoscendo le caratteristiche dei partecipanti all’attività imprenditoriale, le organizza per ottenere il risultato migliore);
-il fine, ovvero la tipologia di prodotto (bene o servizio) da ottenere. È in particolare quest’ultimo principio a differenziare l’Economia Civile dall’economia di mercato capitalistica: se, infatti, quest’ultima ha assunto come fine proprio del suo agire l’ottenimento del cosiddetto bene totale, l’Economia Civile persegue, invece, ciò che va sotto il nome di bene comune. 
L’economia civile cerca di tradurre la convinzione che una buona società è frutto sia di un mercato che funziona sia di processi che attivano la solidarietà da parte di tutti i soggetti. Quindi l’attenzione alla persona non è elusa e neppure rimandata alla sfera privata o a qualche forma di pubblica filantropia che si limita a curare le disfunzioni del mercato. L’attività economica ha dunque bisogno di virtù civili, di tendere al bene comune più che alla ricerca di soddisfazioni individuali.

Per l’economia politica di Adam Smith il fine è quello della massimizzazione del bene totale, per l’economia civile "italiana" il fine è quello di massimizzazione del bene comune. Due concetti, quello del bene totale e del bene comune, che possono apparentemente sembrare simili. In realtà la differenza è sostanziale. Il bene totale può essere considerato infatti come una sommatoria, per cui il risultato finale, totale, di bene comune, può essere raggiunto e rimanere positivo anche nel momento in cui un addendo (ovvero un gruppo sociale, o un particolare attore nel sistema economico) venga annullato. Per “bene”, in questo caso, si intende quindi esclusivamente quello delle preferenze individuali. Il bene comune è invece inteso come una moltiplicazione, in cui se anche un solo fattore si annulla, il risultato finale si annulla a sua volta. Nella prospettiva del bene comune non è quindi possibile lasciare indietro nessuno, poiché anche nel caso in cui si escluda dal bene comune il più piccolo dei gruppi sociali, esso si annulla per tutti.

L’economia civile riconosce, dunque, centralità alla persona, collocando le proprie radici nell’Umanesimo civile e nell’Illuminismo del nostro Paese.

Serve oggi una nuova cultura d’impresa per superare l’idea che l’economia debba essere fine a sé stessa e irrimediabilmente piegata alla legge del massimo profitto e per concepirla, invece, come strumento al servizio del bene comune. I mercati non stanno in piedi se non sono sorretti da altri fattori non economici come la fiducia, la cooperazione e il capitale relazionale e umano.

Pensiero Economico
Per gli americani, e dunque per il mondo intero la storia del pensiero economico nasce nel 700 con Adam Smith. Non per colpa loro, ma per colpa di noi italiani, che non abbiamo tradotto i nostri libri.
I libri di Antonino da Firenze, che Schumpeter considera il più grande economista prima di Adam Smith, non sono mai stati tradotti, così come quelli di Bernardino da Siena.
Il risultato è che, parlando con gli studiosi americani, si nota davvero una chiusura, perché per loro la storia del pensiero economico nasce nella prima metà del 700, mentre per noi nasce nell’XI secolo.

 

Fonti
Genovesi, A. (1852). Lezioni di economia civile (Vol. 3). Cugini Pomba e Comp edit.
Zamagni, S. (2011). Lavoro, disoccupazione, economia civile. Frey L., Marcozzi S.(a cura di), Economia.
Zamagni, S. (2015). Beni comuni e economia civile. Beni comuni e cooperazione.

 

Articolo 41 della Costituzione italiana: L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Aristotele e la giusta misura
Crematistica è l’arte di guadagnare illimitatamente e di accumulare beni e ricchezza che Aristotele condanna e stigmatizza come via perversa del perseguimento dell’accumulo illimitato a tutti i costi e quindi come sistema contro natura.
Oikonomia è l’arte dell’oikos (dimensione familiare e della casa) volta alla riproduzione della comunità prima familiare e poi della società civile che il filosofo valorizza perché basata su bisogni finiti e limitati che recuperano l’etica della giusta misura e quindi come sistema secondo natura.

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Cos’è il Rating ESG o Rating di sostenibilità ?

La lezione di Antonio Genovesi per l'economia civile

La lezione economica dell'Enciclica "Laudato si" di Papa Francesco

Cos’è il bilancio di sostenibilità e quando è obbligatorio per le aziende

L'Etica del Lavoro nel Protestantismo e nel Cattolicesimo: differenze ed effetti sull'economia

 

Comunicato stampa Unioncamere del 7 ottobre 2016

Sono oltre 15mila le imprese che puntano a crescere collaborando Friuli-Venezia Giulia e Abruzzo le regioni a maggiore vocazione a fare rete Sanità, utility e servizi professionali i settori più aperti
Tra le cooperative, la rete ha una marcia in più
Contratti di rete ancora in crescita in Italia. A Settembre scorso questo modello di aggregazione tra imprese ha superato le 3mila esperienze, coinvolgendo oltre 15mila aziende sparse su tutto il territorio nazionale, nessuna provincia esclusa. A livello regionale, la Lombardia è la prima regione italiana per numero di imprese che hanno stipulato un contratto di rete (2.647), seguita da Toscana (1.544), Emilia-Romagna (1.509), Veneto (1.373) e Lazio (1.342). E’ quanto risulta dal monitoraggio di Unioncamere e InfoCamere sui contratti di rete depositati al Registro delle imprese alla data del 3 settembre scorso.
Al netto di Roma e Milano cui va il naturale primato per numerosità di aziende coinvolte (rispettivamente 974 e 920), da questa mappa emerge la forte vocazione di alcune province mediopiccole alla collaborazione tra imprese, come Brescia (407), Verona (330), Bergamo (320) e Udine (309), tutte tra le prime dieci posizioni della classifica provinciale.
Un identikit che assume un profilo ancora più netto se si raffronta il numero di imprese in rete con il totale delle imprese esistenti in ogni territorio: più disponibili alla collaborazione gli imprenditori del Friuli-Venezia Giulia (6,4 imprese in rete ogni mille con sede in regione rispetto ad una media nazionale del 2,5), poi quelli dell’Abruzzo (5,5) e Toscana (3,7).
Quanto alla tipologia di impresa che più delle altre dimostra una spiccata vocazione a collaborare , il primato va alle cooperative: per ogni mille imprese registrate, infatti, le coop che hanno dichiarato di avere sottoscritto un contratto di rete sono 9,3 un valore più che doppio rispetto al 4,2 del giugno 2014. In termini assoluti, invece, la parte del leone tra le imprese che aderiscono ad un contratto di rete la fanno le società di capitale (8.870 imprese, pari al 57,4% del totale) per un rapporto di 5,7 imprese ogni mille registrate con la stessa natura giuridica.
Infine, dall’ultima rilevazione si evidenzia un irrobustimento del fenomeno dei contratti di rete: al 3 settembre scorso, infatti, le reti con più di 10 imprese aderenti sono il 12% del totale, 3 punti in più rispetto al giugno del 2014. A perdere terreno sono state le reti di medie dimensioni (4-9 imprese aderenti), passate dal 47,2 al 43,2% del totale. In lieve aumento quelle più piccole (con meno di 4 imprese aderenti), passate dal 43,7 al 44,8% nel periodo considerato).
 

Francesco Cacchiarelli economista di impresa

Iscritto all'Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Viterbo, al numero 084 sezione A, anzianità 1989

Iscritto nel Registro dei Revisori Legali MEF, al numero 103287 sezione A, anzianità 1999

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Le PMI innovative ai sensi dell’art. 4 del D.L. n. 3/2015 convertito nella legge 33/2015 sono tenute:

-al deposito della certificazione relativa al bilancio d’esercizio e all’eventuale bilancio consolidato secondo le regole contenute nel D.Lgs. 39/2010.
-ad aggiornare con cadenza annuale entro il 30 giugno di ogni anno le informazioni fornite in sede di presentazione della domanda di iscrizione alla sezione speciale del Registro delle Imprese;
-ad attestare - entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio, e comunque entro sei mesi dalla chiusura di ciascun esercizio - il mantenimento del possesso dei requisiti previsti dalla legge.

Con circolare MISE Protocollo n. 275367 del 4 dicembre 2020 - in risposta alle Camere di Commercio e in particolare agli uffici del registro imprese - il Ministero dello Sviluppo Economico, ha chiarito che la richiesta di certificazione di bilancio, prevista per l'iscrizione e la permanenza nella sezione speciale del registro delle imprese possa ottenersi con le modalità dell'art 2409 bis commi 1 e 2 del codice civile.

Questo vuol dire che risulta valida se ottenuta:
-ai sensi del comma 1 dell'art 2409 bis nominando un revisore legale persona fisica o una società di revisione
-ai sensi del comma 2 dello stesso articolo affidando quanto prescritto al collegio sindacale composto da revisori legali

in quanto in entrambi i casi di tratta di "Revisione legale dei conti".

Si ricorda che la certificazione, redatta da un revisore contabile o di una società di revisione iscritti nel registro dei revisori contabili, costituisce parte integrante del bilancio e pertanto deve essere portata in approvazione all'assemblea unitamente al bilancio e agli altri atti e relazioni connesse.

 

Per maggiori informazioni e consulenze scrivi a Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo., società di consulenza strategica operativa su tutto il territorio nazionale.

Attento imprenditore

Il rating advisor per il nuovo rapporto banca impresa

Controllo di gestione per migliorare i risultati del tuo business

L'art.2086 e i nuovi obblighi degli imprenditori e degli amministratori

Nuovo visto di conformità dell'informativa finanziaria aziendale EBA 2086

Il contributo Enasarco 2016 per le agenti individuali e le società di persone è pari al 15,10%, di cui:
- 7,55% a carico del preponente;
- 7,55% a carico dell’agente (sotto forma di trattenuta espressamente indicata nella fattura di provvigioni).
Il pagamento viene effettuato dalla ditta preponente che è responsabile anche della quota trattenuta all'agente.

Per l'anno 2015, il contributo è richiesto per ciascun mandato, nel limite del massimale annuo di euro 37.500,00 di provvigioni per i monomandatari, e di euro 25.000,00 per i plurimandatari.

Per l’anno 2016, gli importi dei minimali contributivi e dei massimali provvigionali resteranno invariati rispetto a quelli del 2015.

Il massimale provvigionale non è frazionabili in rapporto all’anno. Dal 2016 il massimale Enasarco verrà determinato applicando al massimale 2015 la rivalutazione ISTAT.

I contributi Enasarco sono versati trimestralmente entro il 20 del secondo mese successivo al trimestre di competenza.

Comunicato stampa Agenzia delle Entrate del 17 ottobre 2016
 
La successiva cessione dei beni non è abuso del diritto
Gli immobili appartenenti a società che si trovano in fase di liquidazione rientrano nel regime agevolato di assegnazione dei beni ai soci. L’eventuale cessione degli immobili, effettuata dai soci in un momento successivo all’avvenuta assegnazione, è da considerarsi fiscalmente legittima, non configurando un’ipotesi di abuso del diritto (prevista dall’articolo 10-bis della legge 212/2000). È questo il chiarimento fornito con la risoluzione n. 93/E di oggi dell’Agenzia delle Entrate, in materia di assegnazione dei beni ai soci con successiva cessione a terzi.
I beni ammessi al regime di favore - La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto un regime fiscale agevolato di carattere temporaneo per consentire l’estromissione dalle imprese degli immobili diversi da quelli strumentali per destinazione, e la loro assegnazione agevolata ai soci; la disciplina di favore prevede il pagamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’Irap, pari all’8 per cento, ovvero al 10,5 per cento per le società non operative o in perdita sistematica. Il documento di prassi precisa che, nel momento in cui viene aperta la fase di liquidazione, la società non svolge più attività d’impresa e si è in presenza di una mera fase finalizzata alla cessazione delle operazioni; gli immobili assegnati ai soci, non essendo più utilizzati nel ciclo produttivo dell’impresa, e non rientrando più, dunque, tra quelli strumentali per destinazione, possono fruire del regime agevolato.
Il risparmio d’imposta è legittimo - La disciplina agevolativa favorisce la fuoriuscita di quei beni, non direttamente utilizzati nell’esercizio dell’attività imprenditoriale, per i quali non sussistono immediate condizioni di impiego favorevoli ma che potrebbero essere, in seguito, nuovamente immessi nel mercato. La risoluzione chiarisce che, nel momento in cui viene aperta la fase liquidatoria, l’assegnazione agevolata degli immobili ai soci e la successiva cessione degli stessi a terzi, non si pongono in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento. In particolare, queste operazioni, non comportando la realizzazione di un indebito vantaggio fiscale, non configurano un’ipotesi di abuso del diritto (articolo 10-bis della legge 212/2000), bensì un legittimo risparmio d’imposta.

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